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Discorsi e Interventi del Vescovo (22.02.2023)

22/02/2023 09:00:00

Segreteria Vescovile

Discorsi e Interventi del Vescovo,

Discorsi e Interventi del Vescovo (22.02.2023)

L'Angelo della PenitenzaMessaggio per la Quaresima 2023

Discorsi e Interventi del Vescovo di Cefalù

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante

 

Messaggio per la Quaresima 2023

"L'Angelo della Penitenza"

 

Palazzo Vescovile

Cefalù, 22 febbraio 2023

 

 

Introduzione

 

Carissimi,

sono lieto di introdurre questa Quaresima 2023 con un testo cristiano in greco della prima metà del II secolo titolato “Il Pastore” scritto da Erma, uno schiavo venduto a Rode, una matrona romana che lo rese libero.

Attraverso una sintesi di questo libro (il cui testo completo è online sul sito diocesidicefalu.org), così venerabile da essere stato talvolta considerato come appartenente al Nuovo Testamento, percorreremo alcune tappe per vivere al meglio il cammino quaresimale.

L’Angelo della Penitenza appare a Erma nelle sembianze di un Pastore, da cui il titolo dell’opera: «Un uomo dal volto venerando, nelle sembianze di pastore. Era vestito di una bianca pelle di capra, con la bisaccia sulle spalle e il bastone in mano»[1].

L’Angelo della Penitenza è stato inviato a Erma dall’angelo più venerabile per stargli accanto e assisterlo nel perseguire la sua conversione e quella della sua famiglia. Viene quindi inviato dalla Chiesa a farsi portatore del messaggio penitenziale.

Attraverso il linguaggio delle rivelazioni nello stile apocalittico, Erma invita la comunità cristiana di Roma alla metanoia cioè alla conversione, un cambiamento totale di vita.

A quell’epoca, la penitenza post-battesimale (quello che per noi oggi è il sacramento della penitenza) era ancora considerata un evento eccezionale e non mancavano i rigoristi secondo i quali quanti peccavano in modo grave, dopo aver ricevuto il grande perdono del Battesimo, potevano solo essere esclusi dalla comunione ecclesiale perché avevano mostrato di disprezzare il dono di salvezza che avevano ricevuto e che era costato la Croce di Cristo.

Nello stesso tempo, però, l’esperienza quotidiana mostrava il pentimento sincero e il desiderio di riconciliazione di tanti peccatori: ci si domandava se fosse davvero conforme alla volontà di Cristo che costoro restassero senza possibilità di essere riaccolti nella compagine ecclesiale.

Per trovare rimedio per le colpe post-battesimali, Erma ricorre alla rivelazione divina che vuole comunicare a tutti. Egli parla di una seconda possibilità di perdono dopo il battesimo:

 

Per coloro che furono chiamati alla fede in passato, e non negli ultimi giorni, il Signore ha stabilito una penitenza, perché Egli, che conosce i cuori e tutto prevede, ha compreso la debolezza umana e l’astuzia del demonio, le sue losche macchinazioni contro gli uomini. E così il Signore, che è misericordioso, ha avuto pietà della Sua creatura, e ha stabilito questa penitenza[2].

 

Da questo libro prende origine un tratto caratteristico della Chiesa di Roma ossia l’essersi sempre distinta per una particolare capacità di accoglienza e di riconciliazione verso i peccatori.

 

  • Chiedo a tutti i presbiteri di tenere ogni settimana le catechesi quaresimali sul tema del pentimento e della conversione, prendendo spunto dall’opera “Il Pastore di Erma” e, allo stesso tempo, ne propongo la lettura a tutta la comunità diocesana.

 

 

 

La Torre e le pietre

 

Nel “Pastore di Erma” la Chiesa è raffigurata come una donna anziana perché è stata creata prima del mondo, ma nello stesso tempo appare come un edificio ancora in costruzione.

Nella terza visione, infatti, la Chiesa viene rappresentata come una torre in costruzione che poggia sulle acque le fondamenta costituite da pietre quadrate luminose.

Sei giovani, aiutati da migliaia di operai, lavorano all’edificio ponendo le pietre ben squadrate in modo da farle combaciare perfettamente e farle sembrare un unico blocco: alcune pietre venivano scartate e gettate non lontano dalla torre, altre spezzate e buttate lontano dalla costruzione; molte infine erano inutilizzabili perché non adatte alla costruzione.

La Chiesa come una saggia maestra spiega la visione: «Ascolta perché la torre viene costruita sulle acque: la nostra vita fu salva e sarà salva mediante l’acqua. La torre è stata innalzata con la parola del nome onnipotente e glorioso ed è retta dalla potenza invisibile e infinita»[3].

I sei giovani costruttori sono gli angeli superiori a cui il Signore affidò la creazione e il compito di ultimare la costruzione della Chiesa-torre collaborati da altri angeli.

In tale costruzione le pietre quadrate, bianche e che combaciano: «Sono gli apostoli, i vescovi, i diaconi che camminando nella santità di Dio, hanno governato, insegnato e servito con purezza e santità gli eletti di Dio, quelli che sono morti e quelli che sono ancora vivi. Vissero sempre in armonia tra loro, stando in pace e l’uno ascoltando l’altro»[4], poi ci sono quelli che hanno patito per il Signore, poi quelli che camminano con rettitudine e obbediscono ai comandi del Signore, i neofiti e i credenti esortati a perseverare nel bene.

Le pietre scartate e gettate non lontano dalla torre rappresentano coloro che hanno peccato, pronti ad essere utilizzati, dopo un serio pentimento e mentre la torre è ancora in costruzione. Completata la costruzione questi non avranno più posto e resteranno fuori: potranno rimanere solo vicino all’edificio.

Le pietre scartate e gettate lontano rappresentano i figli della malizia, ipocriti e cattivi. Infine quelle inutilizzate rappresentano coloro che hanno conosciuto la verità, ma l’hanno rigettata.

Le pietre con le crepe rappresentano coloro che sono gli uni contro gli altri e non hanno pace.

Le pietre bianche e sferiche, non adatte alla costruzione sono quelli che conservano la fede, ma anche le ricchezze di questo mondo: sono coloro che non si sono mai decisi.

Il Vangelo dice che: «Nessuno può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro, o preferirà l’uno e disprezzerà l’altro: non potete servire a Dio e a mammona» (Mt 6,24). Questi tuttavia potranno essere impiegati quando saranno liberi dal dominio della ricchezza come la pietra sferica che, per diventare quadrata, deve perdere qualcosa. Lo stesso Erma proviene da questa categoria di persone; glielo ricorda la Vecchia Signora: «Sappilo da te: quando eri ricco eri inutile. Ora sei utile e fruttuoso alla vita. Diventate utili a Dio! Anche tu sei stato utilizzato da queste pietre»[5].

Ci sono le pietre che cadono nel fuoco, sono gli apostati, coloro che hanno abbandonato la fede e per le cattiverie commesse non hanno in animo di pentirsi. E infine le pietre che cadono vicino all’acqua, ma non sono in grado di immergersi; sono coloro che hanno ascoltato la Parola e desiderano il battesimo, ma non hanno costanza come il seme caduto tra le pietre della parabola evangelica del seminatore (cfr Lc 8,7.13), le passioni li travolgono e si voltano indietro.

 

Terminata la spiegazione simbolica della Torre Erma chiese:

 

Se per le pietre scartate e non adatte alla costruzione fosse possibile una penitenza e un posto nella torre. Rispose: “Hanno la possibilità della penitenza, ma non possono adattarsi alla torre. Sono adatte ad un altro luogo molto inferiore quando sono state provate dal tormento ed è trascorso il tempo necessario per i loro peccati. Per questo vengono portate altrove, perché parteciparono alla parola del giusto. Riuscirà loro di essere sollevate dalle sofferenze se rifletteranno sulle opere malvagie commesse. Se non riflettono non si salvano per la durezza del loro cuore”[6].

 

  • La Chiesa è viva e non potrà essere mai distrutta perché esiste prima della creazione del mondo e vive già la dimensione escatologica. Nell’attesa della seconda venuta del Signore risorto la Chiesa ancora pellegrina deve giungere a compimento e perciò è sostenuta dalle virtù dei santi.
  • A questo punto c’è da fare una considerazione: Dio lascia sempre una possibilità perché ha a cuore la salvezza degli uomini più che essi hanno di loro stessi. Nel tempo della Chiesa peregrinante è data a tutti la possibilità di convertirsi e questo tempo è simboleggiato dalla sospensione temporanea della costruzione della torre. I battezzati impiegati come pietre vive nella costruzione della Chiesa-torre partecipano già della Chiesa gloriosa.
  • Chiediamoci:
    • A quale tipologia di pietra appartengo?
    • Qual è il mio grado di appartenenza alla Chiesa?
    • Come esprimo la mia partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa e concretamente nella mia comunità?

 

Le sette donne che sostengono la Torre

 

Sette donne sostengono l’intero edificio per ordine del Signore.

Il testo fa capire quali virtù devono alimentare la vita del credente per entrare nella costruzione e cosi essere partecipe della Chiesa gloriosa.

La madre delle virtù è la fede per mezzo della quale ci si salva. La fede genera la continenza che procura felicità a chi la segue perché si astiene da ogni malvagità e infonde la fiducia e la speranza che entrerà nella vita eterna. Dalla continenza nasce la semplicità; dalla semplicità l’innocenza; dall’innocenza la castità; dalla castità la scienza e da questa la carità.

La vecchia Signora precisa che il tempo per la conversione è breve, perché la costruzione della torre sarà compiuta presto. Da qui l’urgenza di divulgare nelle comunità il messaggio della rivelazione.

 

  • Una seconda riflessione potrebbe vertere sulla vita nello Spirito che infonde le virtù come scrive Paolo nella lettera ai Romani:

Giustificati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato (Rom 5,1-5).

 

  • Le virtù sono le strade che portano alla salvezza, i vizi quelle che finiscono nella disperazione. Papa Francesco assicura a ogni persona, credente e non credente, che: «Le virtù ti fanno forte, ti spingono avanti, ti aiutano a lottare, a capire gli altri, a essere giusto, equanime. I vizi invece ti abbattono. La virtù è come la vitamina: ti fa crescere, vai avanti. Il vizio è essenzialmente parassita. I vizi sono dei parassiti che vivono presso di te, mangiano da te e ti indeboliscono e ti buttano giù»[7].
  • Chiediamoci: quali virtù vanno messe in risalto in questo tempo?
  • Papa Francesco ha privilegiato la tenerezza che si dispiega in un’ampia varietà di scelte: dalla misericordia verso i peccatori, all’attenzione ai sofferenti fino alla presa in carico degli scartati, dei poveri e dei diseredati.

 

 

Esortazione

 

Riporto per intero questa forte esortazione contenuta nel libro del “Pastore di Erma”:

 

  1. Ascoltatemi, figli. Io vi ho allevati con molta semplicità, innocenza e santità per la misericordia del Signore che ha versato su di voi la giustizia, per essere corretti e santificati da ogni malvagità e crudeltà. Voi, però, non volete smettere le vostre cattiverie.
  2. Ora datemi ascolto: vivete in pace tra voi; frequentatevi; aiutatevi scambievolmente e non godete da soli a profusione delle cose create dal Signore, ma datele anche ai bisognosi.
  3. Alcuni per i molti cibi procurano malessere al corpo e corrompono la loro carne. Invece, la carne di coloro che non hanno da mangiare si consuma, per non avere il necessario sostentamento, e il loro corpo si distrugge.
  4. Questa intemperanza è dannosa per voi che possedete e non date ai bisognosi.
  5. State attenti al giudizio che è vicino. Voi che avete di più cercate, dunque, i poveri sino a quando la torre non è terminata. Dopo che è terminata vorrete fare del bene ma non avrete modo.
  6. Fate attenzione, voi che vi vantate della vostra ricchezza, che i bisognosi non siano mai angustiati e il loro lamento non salga al Signore. Con i vostri beni non sia chiusa la porta della torre.
  7. Dico a voi che siete i capi della Chiesa e occupate i primi posti: non vi fate simili ai fattucchieri. I fattucchieri portano i loro filtri nei vaselli, voi portate il vostro filtro, il veleno, nel cuore.
  8. Siete induriti e non volete purificarvi, fondere il vostro sentimento nel cuore puro per ottenere misericordia dal grande Re.
  9. Badate, figli, che questi dissensi non vi privino della vostra vita.
  10. Come potete educare gli eletti di Dio, se non siete voi educati? Educatevi, dunque, l’un l’altro e vivete in pace perché io al cospetto del Padre possa contenta parlare di voi tutti[8].

 

Il Pastore

 

L’Angelo della Penitenza, nelle sembianze del Pastore, invita Erma a scrivere i suoi precetti e le similitudini per poi leggerli ai fratelli di comunità e metterli in pratica: sono dodici precetti e dieci similitudini.

Riporto uno dei dialoghi tra Erma e il Pastore, l’Angelo della Penitenza, dove si afferma he già il pentimento del male compiuto è una grande saggezza:

 

Lo interrogai di nuovo dicendo: “Poiché il Signore mi ha stimato degno che tu abiti sempre con me, tollera ancora poche mie parole. Non so nulla e il mio cuore è indurito dalle mie azioni precedenti. Istruiscimi perché sono molto corto di mente e non capisco assolutamente nulla”. Rispondendo mi dice: “Sono preposto alla penitenza e rendo saggezza ai penitenti. Non ti sembra che lo stesso pentirsi sia una saggezza? Il pentirsi, dice, è una grande saggezza. Infatti, chi ha peccato comprende di aver fatto il male davanti al Signore. Risale al suo cuore l’azione che commise e si pente e più non compie il male, ma opera magnificamente il bene. Umilia la sua anima e la tormenta perché ha peccato. Considera dunque che il pentimento è una grande saggezza”. “Per questo, dico, o signore, a te domando ogni cosa. Prima, poiché sono peccatore, che io sappia quali opere fare per vivere. Molti e vari sono i miei peccati”. “Vivrai, mi risponde, se osserverai i miei precetti e in essi camminerai. Del resto chi ascolta e mette in pratica questi precetti, vivrà in Dio”[9].

 

 

I Precetti

 

Attraverso i precetti si indica il cammino da intraprendere con fedeltà e con disponibilità alla conversione per rimanere in Dio.

 

  • Questi precetti possono aiutarci a fare un esame di coscienza prima di accostarci al sacramento della riconciliazione.

 

I - Il primato di Dio.

«Prima di tutto credi che vi è un solo Dio, il quale ha creato tutte le cose e le ha ordinate dal non essere all’essere; le contiene tutte ed egli solo non è contenuto. Credi in lui e temilo, e temendolo sii continente. Questo osserva e allontana da te ogni cattiveria. Rivestiti di ogni virtù santa e vivrai in Dio, se custodirai tale precetto»[10]. Solo se Dio sta al primo posto nella propria vita, si diventa capaci del dominio di sé di fronte a tutte le tentazioni al male. È sottinteso l’invito a non dubitare del sostegno di Dio nella tentazione così come nella quarta visione della grande bestia dalla cui bocca uscivano locuste di fuoco.

 

II - Non ascoltare la maldicenza e vivere nella semplicità.

«La maldicenza è un demone inquieto che non ha mai pace e alligna nelle discordie»[11]. Si diventa complici dei maldicenti solo con l’ascolto. Il maldicente va allontanato e rimproverato. Quando si prendono le distanze dalla maldicenza si hanno buoni rapporti con tutti. Vivendo la semplicità e la bontà si ritorna all’innocenza dei bambini.

 

III - Amare la verità e odiare la menzogna.

I cristiani menzogneri offendono Dio perché da Lui hanno ricevuto in dono lo spirito di verità per custodirlo; con la menzogna gli restituiscono uno spirito bugiardo. Commettono una frode nei confronti di Dio stesso. La sincerità e la lealtà combattono contro la menzogna.

 

IV - Vivere la castità nella fedeltà.

Il precetto della castità viene messo in rapporto alla fedeltà coniugale. Riprende l’insegnamento del Vangelo: «Avete inteso che fu detto: “Non commettere adulterio”; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore […]. Fu pure detto: “Chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio”; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all’adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio» (Mt 5, 27-28. 31-32). Si applica anche nell’infedeltà matrimoniale la possibilità del perdono dopo il pentimento. Se il marito non accoglie la moglie infedele che pentita ritorna, si addossa una grande colpa. Lo stesso vale per la donna nei confronti del marito infedele.

Anche la castità è una virtù dimenticata e peggio derisa e oltraggiata da una cultura pansessualista. La castità custodisce l’amore prima e dopo il matrimonio. Occorre ribadirlo con forza portando le ragioni non solo della fede, ma anche quelle delle scienze umane libere da preconcetti e dalla testimonianza degli sposi.

  • Per i casi di crisi matrimoniale o di situazioni irregolari occorre mettere in cantiere un cammino spirituale per permettere a tutti di partecipare alla vita ecclesiale secondo gli orientamenti dell’Esortazione apostolica “Amoris laetitia”.

 

V - Armarsi di Pazienza per vincere la collera.

«Rivestiti di pazienza, resisti alla collera e all’asprezza e sarai con la saggezza amata dal Signore. Vedi di non trascurare questo precetto. Se te ne impadronisci, potrai osservare anche gli altri precetti che ti devo ordinare. Sii forte e incrollabile in essi, e siano incrollabili tutti quelli che vogliono camminare nella loro via»[12].

La pazienza è un tratto che distingue l’agire di Dio e uno dei frutti dello Spirito. Lo Spirito Santo si espande nel cuore del credente favorito dall’esercizio della pazienza; la pace frutto dell’inabitazione dello Spirito Santo porta nel cuore la gioia nel servire il Signore. La collera, al contrario, soffoca lo Spirito che trova disagio. Non possono coabitare insieme lo Spirito Santo e lo spirito malvagio.

«La pazienza, invece, è grande e forte ed ha un vigore formidabile, saldo e prospero e si estende largamente. La pazienza è gioiosa, contenta, senza preoccupazioni, e magnifica il Signore in ogni tempo. Nulla ha in sé di aspro e rimane sempre calma e tranquilla. La pazienza abita con quelli che hanno una fede perfetta»[13].

«La collera per prima cosa è stolta, leggera e pazza. Dalla stoltezza nasce l’asprezza, dall’asprezza l’animosità, dall’animosità l’ira, dall’ira il furore. Il furore, poi, che si compone di tanti mali, è un peccato grande e inguaribile»[14].

 

VI - Le due vie.

Due angeli accompagnano l’uomo: l’angelo della giustizia e l’angelo dell’iniquità. Si presenta la questione del discernimento per riconoscere da chi siamo spinti nelle nostre azioni:

 

L’angelo della giustizia è delicato, verecondo, calmo e sereno. Se penetra nel tuo cuore, subito ti parla di giustizia, di castità, di modestia, di frugalità, di ogni azione giusta e di ogni insigne virtù. Quando tutte queste cose entrano nel tuo cuore, ritieni per certo che l’angelo della giustizia è con te. Sono, del resto, le opere dell’angelo della giustizia. Credi a lui e alle sue opere.

Guarda ora le azioni dell'angelo della malvagità…Quando ti prende un impeto d’ira o un’asprezza, sappi che egli è in te. Poi, il desiderio delle molte cose, il lusso dei molti cibi e bevande, di molte crapule e di lussi vari e superflui, le passioni di donne, la grande ricchezza, la molta superbia, la baldanza e tutto quanto vi si avvicina ed è simile. Se tutte queste cose si insinuano nel tuo cuore, sappi che è in te l’angelo dell’iniquità. Avendo conosciuto le sue opere, allontanati da lui e non credergli in nulla, perché le sue opere sono malvagie e dannose ai servi di Dio[15].

 

VII - Temere il Signore e custodire i suoi precetti.

Il timor di Dio è un dono dello Spirito Santo. Oggi se ne parla poco, è un tema quasi sconosciuto perché interpretato come la paura di Dio. Il timor di Dio è legato direttamente al primato d’amore riconosciuto a Dio nello Shemà, il credo di Israele:

Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze. Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte [...]. Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai e giurerai per il suo nome (Dt 6, 4-9.13).

 

Il Levitico aggiunge: Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 19,18). Gesù, allo scriba che lo interroga sul “primo di tutti i comandamenti” risponde intrecciando questi due passi e conclude ricordando che: «Non c’è altro comandamento più importante» (Mc 12,29-31).

Il Pastore sottolinea il duplice effetto del Timore del Signore, da un lato è in grado di dissuadere dal compiere il male dall’altro sostiene e accompagna le opere buone.

 

VIII - L’astinenza.

Ci sono delle cose da cui astenersi e da altre no. «Astieniti da ogni malvagità, facendo il bene»16. Non basta astenersi dal male, ma occorre fare il bene, l’uomo pecca di omissione non mettendo in pratica le opere del bene.

Le opere da cui astenersi: dall’adulterio e dalla fornicazione, dal disordine delle bevande inebrianti, dal lusso perverso, dai molti cibi, dalla sontuosità della ricchezza, dall’ostentazione, dall’orgoglio, dalla superbia, dalla menzogna, dalla maldicenza, dall’ipocrisia, dal rancore e da ogni bestemmia e da tutte le opere inique come il furto, la frode, la falsa testimonianza, l’avarizia, la nefasta concupiscenza, l’inganno, la vanagloria, l’arroganza. E quanto vi è di simile.

Le opere da compiere: prima di tutto la fede, il timore del Signore, la carità, la concordia, le parole di giustizia, la verità e la pazienza. Assistere le vedove, visitare gli orfani e i bisognosi, liberare dalle ristrettezze i servi di Dio, essere ospitale, non ostacolare nessuno, essere sereno, divenire il più umile di tutti gli uomini, rispettare gli anziani, praticare la giustizia, osservare la fratellanza, sopportare la tracotanza, essere magnanimo, non serbare rancore, consolare gli afflitti, non respingere coloro che sono scandalizzati dalla fede, ma convertirli e renderli gioiosi, ammonire i peccatori, non opprimere i debitori e i bisognosi, e altre opere simili. Se fai il bene e non te ne astieni, vivrai in Dio.

 

IX - Rimuovere l’incertezza.

Questo precetto da un lato invita a tenere lontana l’incertezza, il dubbio, dall’altro spinge a osare, a chiedere ogni cosa con fede solida. La virtù contraria all’indecisione è la semplicità che si fida di Dio. La mancanza di fiducia in Dio rende dubbiosi e non ottiene ciò che la preghiera chiede. L’apostolo Giacomo direbbe: «Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male» (Gc 4,2-3)

 

X - Allontanare la tristezza.

Erma non riesce a comprendere come la tristezza se da un lato essa è considerata dal Pastore il peggiore di tutti gli spiriti capace di rovinare l’uomo e allontanare lo Spirito, dall’altro può arrecare salvezza. L’ignoranza delle realtà della fede dipende dal poco tempo dedicato dall’uomo a frequentare la scuola della fede perché troppo preso dalle preoccupazioni del mondo. La fede va coltivata come il contadino cura la propria vigna; se trascurata diviene arida e viene soffocata dai rovi. Chi è timorato di Dio aumenta lo studio delle ragioni della fede.

L’uomo dominato dalla tristezza è orientato al male. La preghiera contaminata dalla tristezza non ha la forza di elevarsi a Dio. La tristezza è lo scivolare nell’infelicità. La persona triste gode solo del male altrui, è sempre scontenta di sé ed è consumata dall’invidia.

Il salario del peccato è la tristezza dell’anima, ma la stessa tristezza quando è causata dalla coscienza del male commesso diventa la porta del pentimento e quindi salvifica.

All’opposto della tristezza sta la gioia, gradita allo Spirito. La gioia fa pregustare alla Chiesa ancora pellegrina la vita eterna della piena comunione con Dio.

La gioia non è un’emozione spontanea e provvisoria, effimera, ma un frutto dello Spirito, derivante da un processo. Non è solo uno stato emozionale e interiore, ma un atteggiamento totale, complesso che deriva dalla fede. La gioia vera fiorisce e cresce da un atto d’amore, è come lo sbocciare di una rosa che ha il colore rosso del sacrificio di se stessi per far felice un altro. È il frutto dell’azione costante dello Spirito che accende la mia vita e la fa brillare di luce nella misura in cui si consuma per gli altri.

 

XI - Allontanarsi dai falsi profeti.

Il Pastore constata che esistono veri e falsi profeti e perciò si rende necessario un discernimento. Come distinguerli?

Il falso profeta si autopropone, si esalta, è ambizioso e sfacciato, impudente e logorroico. Ama una vita agiata e i piaceri. Pretende di essere pagato per le sue preghiere e le nega a chi non gli da la ricompensa. Non ama sedere in compagnia dei giusti, anzi li evita, si unisce agli stolti e per loro profetizza quanto desiderano e perciò li inganna parlando loro a vuoto di ogni cosa, secondo le loro passioni. «Quanti, dunque, sono forti nella fede del Signore, poiché sono rivestiti di verità non aderiscono agli spiriti malvagi, ma se ne allontanano»[17].

 

  • Quanti cristiani si lasciano fuorviare da maghi, cartomanti, falsi veggenti?
  • Quanti giovani giocano col fuoco, organizzando sedute spiritiche o partecipando a giochi satanici?

 

Dalla vita si distingue il vero profeta, l’uomo che ha lo Spirito di Dio:

 

È calmo, sereno, umile e lontano da ogni malvagità e desiderio vano di questo secolo. Egli considera se stesso inferiore a tutti gli uomini e, interrogato, non risponde a nessuno, né parla come una monade. Lo Spirito Santo non parla quando l’uomo vuole, ma solo quando Dio vuole che parli. Quando un uomo che ha lo Spirito di Dio entra in una riunione di uomini giusti, che hanno la fede dello Spirito di Dio, e c’è la preghiera della riunione di quegli uomini a Dio, allora l’angelo dello spirito profetico, che dimora in lui, riempie l’uomo, e quell’uomo pieno dello Spirito Santo parla alla moltitudine come il Signore vuole. Così si manifesta lo spirito divino[18].

 

 

XII - Liberarsi da ogni desiderio cattivo.

Le rivelazioni prendono le mosse dal rimprovero della vecchia Signora rivolto a Erma: «Nel tuo cuore salì il desiderio della cattiveria. Non ti sembra che sia cosa malvagia per un uomo giusto, che un desiderio cattivo entri nel suo cuore?»

Sant’Agostino dirà: «Neque enim ullum peccatum nisi concupiscendo commititur»[19].

Il Pastore esorta dunque Erma:

 

Liberati da ogni desiderio cattivo e rivestiti di ogni desiderio buono e santo. Rivestendoti di un tale desiderio odierai il desiderio cattivo e lo frenerai come vuoi»[20].

Il Pastore tocca la sorgente del cuore, lì dove il desiderio nasce. Occorre un’attrattiva che attinga dove il desiderio nasce. Si tratta di mettere la fede nel cuore che a sua volta mette l’amore di Dio al centro: «Mettete il Signore nel vostro cuore, voi che siete vani e leggeri nella fede, e credete che nulla è più facile più dolce e più mite di questi precetti[21].

 

L’Angelo della Penitenza promette a Erma e ai suoi ascoltatori di accompagnarli nella lotta contro il maligno. E usa un’immagine concreta, quella del bicchiere pieno e del bicchiere mezzo vuoto: «Quelli che sono pieni di fede gli resistono energicamente, e lui si allontana da loro non avendo per dove entrare. Allora egli va dai vani e, trovando lo spazio, entra da loro ed agisce con questi come vuole e gli diventano soggetti»[22].

Riporto per intero l’esortazione finale che apre alla speranza di ottenere il perdono dalla misericordia di Dio:

 

Io, l’angelo della penitenza, vi dico: “Non temete il diavolo. Fui inviato per stare con voi che fate penitenza con tutto il vostro cuore e per rafforzarvi nella fede. Credete in Dio, voi che per i vostri peccati avete disperato della vostra vita, accresciuto le colpe e appesantito la vostra esistenza. Se vi convertite al Signore con tutto il vostro cuore e operate la giustizia per i rimanenti giorni della vostra vita e lo servite rettamente secondo la sua volontà, vi darà il perdono per tutti i precedenti peccati e avrete la forza di dominare le opere del diavolo. Non temete assolutamente le minacce del diavolo. Egli è inerte come i nervi di un morto. Ascoltatemi, dunque, e temete chi può tutto salvare e perdere. Osservate questi precetti e vivrete in Dio”. Gli chiedo: “Signore, ora mi sento rafforzato in tutti i comandamenti di Dio perché tu sei con me. So che abbatterai tutta la forza del diavolo e noi lo domineremo e vinceremo tutte le sue opere. E spero che il Signore, dandomi la forza, mi farà osservare questi precetti che hai ordinato”. “Li osserverai, mi dice, se il tuo cuore diviene puro presso il Signore. Li osserveranno tutti quelli che purificheranno il loro cuore dalle vane passioni di questo mondo e vivranno in Dio»[23].

 

 

Le similitudini.

 

Nell’ultima parte del libro, Erma ribadisce quanto trasmesso nelle rivelazioni e nei precetti attraverso dieci parabole o similitudini.

Mi piace molto quella della vite e l’olmo perché sottolinea due degli elementi della Quaresima: la preghiera e la carità.

La vite porta frutto mentre l’olmo è un albero senza frutti. La vite ha bisogno dell’olmo perché se rimane senza sostegno su cui arrampicarsi i suoi frutti che toccano la terra umida marciscono. La vite che si avvinghia attorno all’olmo porta invece frutti abbondanti e così si può dire che l’olmo porta molto frutto.

La parabola vuol significare il povero e il ricco. Il ricco possiede molti beni ma è povero davanti a Dio, preoccupato ad accumulare beni non ha tempo per la preghiera. Ma se il ricco dà sollievo al povero e gli offre il necessario sa che arricchisce davanti a Dio e perciò dona volentieri.

Il povero, aiutato dal ricco, prega Dio per lui e lo ringrazia per il bene ricevuto. Il ricco sa che la preghiera del povero è accetta e feconda presso il Signore.

Il povero, ricco di preghiera, la offre al Signore come ringraziamento per la generosità del ricco. Il ricco che offre volentieri al povero la ricchezza ricevuta da Dio, compie un’opera gradita a Dio. Il ricco, infatti, comprendendo la provenienza della sua ricchezza, la restituisce a Dio condividendola col povero. A noi sembra che l’olmo non porti il frutto, ma in verità nel tempo l’olmo, avendo acqua, nutre la vite che, avendo continuamente acqua, produce frutto doppio per parte sua e per parte dell’olmo:

 

In questo modo anche i poveri, pregando il Signore per i ricchi, ricolmano la ricchezza di questi e a loro volta i ricchi, dando ai poveri il necessario, riempiono le loro anime. L’uno e l’altro diventano partecipi dell’opera giusta, e ciò facendo, non vengono abbandonati da Dio, ma iscritti nei libri dei viventi. Beati coloro che posseggono e comprendono che sono ricchi ad opera del Signore! Chi comprende questo potrà compiere il bene[24].

 

 

Conclusione

 

Concludo questa lettera con una preghiera composta da Norbertus, episcopus illicitanus, vissuto nel XII secolo:

 

Signore, Padre santo,

tu solo sei buono,

tu solo non sai né puoi dire male dell’uomo,

fatto a tua immagine e somiglianza.

 

Tu, la cui Parola è creatrice

e il cui Spirito è soffio di vita,

che in Gesù ci hai benedetto con ogni benedizione spirituale,

dammi, ti supplico,

la grazia di benedire sempre il tuo Nome

e di dire bene degli uomini, miei fratelli,

per essere veramente tuo figlio.

 

Allontana da me la mormorazione,

ruscello di fango e di acque corrotte,

la maldicenza,

che, dicendo il male, lo dilata,

la calunnia,

che perverte e uccide.

 

Signore, origine della Verità

e sorgente dell’Amore,

ascoltami, ti prego:

per tua misericordia,

allontana da me la menzogna

e liberami da ogni sentimento di discordia;

per tua grazia,

dirigi i miei passi sulla via della Verità

e concedimi la Sapienza mite e pura;

per tuo dono,

introducimi nella cella dell’eterno Amore,

perché di superna carità io viva

e, solo amando, si consumi la mia vita.

Amen.

 

Vi auguro di vivere una santa Quaresima accompagnati dall’Angelo della Penitenza.

 

Giuseppe Marciante

Vescovo di Cefalù

 

[1] Il Pastore di Erma, XXV, 1.

[2] Pastore, XXXI (3), 4-5.

[3] Pastore, XI (3), 5.

[4] Pastore, XIII (5), 1.

[5] Pastore, XIV (6), 7.

[6] Pastore, XV (7), 5-6.

[7] Francesco, Dialogo con Marco Pozza, Dei vizi e delle virtù, Milano 2021, p. 217.

[8] Pastore, XVII (9), 1-10.

[9] Pastore, XXX, (2), 1-4.

[10] Pastore, XXVI, 1-2.

[11] Pastore, XXVII, 3.

[12] Pastore, XXXIV (2), 8.

[13] Pastore, XXXIV (2), 3.

[14] Pastore, XXXIV (2), 4.

[15] Pastore, XXXVI (2), 3-5.

[16] Pastore, XXXVIII, 2.

[17] Pastore, XLIII, 4.

[18] Pastore, XLIII, 8-10.

[19] Agostino, De Spiritu et littera, 4,6. «Nessun peccato infatti avviene se non attraverso il desiderio. Ecco il motivo del comandamento “non desiderare […]».

[20] Pastore, XLIV (1), 1.

[21] Pastore, XLVII (4), 5.

[22] Pastore, XLVIII (5), 4.

[23] Pastore, XLIX (6), 1-5.

[24] Pastore, LI, 8-10.


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