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Omelie del Vescovo (25.10.2024)

29/10/2024 09:55:00

Segreteria Vescovile

Omelie del Vescovo,

Omelie del Vescovo (25.10.2024)

20° anniversario della morte di S.E.R. Mons. Domenico Picchinenna, Arcivescovo emerito di Catania

Omelia del Vescovo di Cefalù

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante

 

20° anniversario della morte di

S.E.R. Mons. Domenico Picchinenna

Arcivescovo emerito di Catania

 

Basilica Cattedrale

Catania, 25 ottobre 2024

 

 

 

Saluto e ringrazio cordialmente l’Arcivescovo di Catania, S.E.R. Mons. Luigi Renna, che amorevolmente mi ha invitato a presiedere questa solenne liturgia di rendimento di grazie per aver concesso alla venerabile Chiesa di Catania, cinquant’anni fa, il dono dell’Arcivescovo, Mons. Domenico Picchinenna, e per ricordarlo nel ventesimo anniversario della sua nascita al cielo. 

 

Saluto anche l’Arcivescovo emerito, S.E.R. Mons. Salvatore Gristina.

Saluto tutti voi, carissimi fratelli e sorelle della nobile Chiesa di Agata, sacerdoti e seminaristi.

 

Per esprimere il vincolo specialissimo che lega l’Arcivescovo Domenico alla santa Chiesa catanese - così nel suo testamento - desiderò essere sepolto nella Basilica Cattedrale di Catania nella quale ha voluto una semplice e piccola pietra ad indicare il suo nome perché i fedeli preghino per lui.

Questa sera siamo stati chiamati a pregare per lui e con lui.

 

La prima lettura ci presenta il contesto da cui Mons. Picchinenna trasse il motto per lo stemma episcopale: “In aedificationem corporis Christi” ("A edificazione del Corpo di Cristo").

Il motto di un vescovo rappresenta generalmente la sua convinzione profonda, ma anche un progetto di vita apostolica. E, a posteriori, possiamo ben dire che esso ha identificato l’operato dell’Arcivescovo Picchinenna.

Con le stesse parole che sono tratte dalla Lettera di San Paolo agli Efesini (Ef 4,12), Mons. Picchinenna ha intitolato anche la sua prima Lettera Pastorale, al clero e all’Arcidiocesi di Acerenza; un testo incentrato sui temi della comunione e del servizio.

L’Arcivescovo Picchinenna, diciassette anni più tardi, nel 1971, arriverà a Catania e vi rimarrà fino al 1988: ben diciassette anni.

Il 16 luglio 1974 - dopo tre anni da Arcivescovo coadiutore di Catania - il giorno del suo subentro alla guida dell’Arcidiocesi, egli annunciava nel messaggio rivolto alla comunità diocesana catanese il criterio e il modello di un governo che lo contraddistinguerà; modello che oggi verrebbe definito sinodale:

 

«Pur avendo acquisito, nel triennio di permanenza tra voi, una discreta conoscenza di uomini, cose e luoghi, non vi indirizzo la lettera pastorale programmatica, perché attualmente i documenti programmatici dei Vescovi vengono preparati insieme con gli organismi collegiali voluti dal Concilio (Consiglio Presbiterale e Consiglio Pastorale). Vi rivolgo invece soltanto un breve messaggio per esprimervi il mio saluto e per dirvi con quale disposizione d’animo inizio il mio ministero di vostro Padre e Pastore».

 

Mons. Picchinenna ha edificato con l’esempio della sua vita modellata dal Vangelo la comunità diocesana. Lo riconosco perfettamente in quella sintesi contenuta nella lettera di convocazione   scritta per il decimo anniversario della sua morte dall’Arcivescovo emerito, Mons. Salvatore Gristina:

 

«Pastore buono e povero, semplice e riservato, paziente e prudente, mite e forte nelle afflizioni, promotore della recezione del concilio Vaticano II e instancabile cercatore della comunione, dalla profonda vita spirituale, dall’affabilità, misurata e paterna, per quanti lo incontravano. Di questi valori egli ha, certamente, lasciato una traccia profonda e duratura in coloro che lo hanno incontrato».

 

Instancabile cercatore della comunione.

 

Una comunione fondata sulla Parola di Dio e alimentata dall’Eucaristia e dalla preghiera segnavano le omelie di Mons. Picchinenna. Esse si attenevano strettamente al commento della Parola proposta dalla liturgia. Era convinto che nell’omelia non bisognasse dire cose proprie, ma spiegare cosa il Signore voleva dire all’assemblea attraverso i brani biblici.

Una comunione cercata e coltivata attraverso le relazioni personali. In questo lo aiutava una dote naturale: la forte memoria. Ma noi sappiamo che la memoria si attiva quando l’altro rientra nella sfera dei propri affetti e interessi. La memoria presuppone la frequentazione e una grande capacità di ascolto.

Mons. Picchinenna parlava poco, ma ascoltava molto: non dava subito le risposte ai quesiti, ma spesso faceva passare molto tempo prima che arrivasse la decisione o la risposta.  Era un suo limite?

Cercava la comunione coprendo con il silenzio, la misericordia e la mitezza i suoi avversari e gestendo con sapienza i conflitti.

Nei primi anni del post Concilio non mancarono tensioni anche nella Chiesa catanese. Al fermento dei tempi nuovi si accompagnavano ritorni nostalgici al passato e fughe in avanti. Occorreva tanta saggezza, prudenza e lungimiranza per tenere dritta la strada tracciata dal Concilio.

Non ho sentito mai uscire dalla bocca dell’Arcivescovo Domenico parole di disprezzo, di critica aggressiva, contro qualcuno. Parole di correzione sì, ma sempre con grande rispetto dell’altro.

Non penso di aggiungere altro a quanto finora è stato detto su Mons. Picchinenna.

Questa sera sono qui come uno di quei tanti testimoni che lo hanno incontrato e goduto della sua amicizia. Attraverso l’imposizione delle sue mani, il 5 ottobre 1980 nella Chiesa del monastero di San Benedetto, ho ricevuto il dono inestimabile del sacramento dell’Ordine nel grado del presbiterato.

Il ministero di un vescovo, il suo stile sacerdotale segna fortemente la generazione dei sacerdoti da lui ordinati e di quanti lo hanno frequentato. Così come la vita di un sacerdote, di un parroco segna la vita di quanti ha educato alla fede. Lo stesso si può dire dei genitori per i figli, o degli insegnanti per gli alunni.

In particolar modo posso testimoniare di lui dal tempo in cui ero laico impegnato nel movimento Pro Sanctitate, in Chiesa-Mondo e poi da seminarista e giovane sacerdote fino alla mia partenza per Roma.

 

I movimenti laicali ecclesiali e il seminario e furono in particolar modo al centro delle sue cure pastorali.

 

Mons. Picchinenna si è lasciato interrogare da quelle due domande di Gesù riportate dal Vangelo odierno: «Come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate voi stessi ciò che è giusto?» (Lc 12,56-57).

Anche a noi il Signore chiede oggi di comprendere i semeia ton kairόn, i segni dei tempi, come dice l’Evangelista Matteo.

Papa Francesco ci invita a saper leggere in modo sinodale gli appelli che arrivano dal cambiamento d’epoca.

Nel post Concilio entrò in crisi il modello organicistico del laicato cattolico. Cominciarono a sorgere nuove realtà ecclesiali, identificate come gruppi, comunità, associazioni, movimenti, sorte dietro il carisma di un laico fondatore o di un chierico.

La domanda religiosa si era orientata altrove e si era diversificata in conformità a bisogni di senso che non potevano essere più soddisfatti solo dalle forme organizzative storiche del cattolicesimo popolare. Mons. Picchinenna ebbe la saggezza di comprendere i segni dei tempi.

Capì che il Concilio spingeva verso il protagonismo del laicato e lo Spirito suscitava nuovi germogli di vita cristiana. Governò con saggezza un fenomeno fortemente diversificato e vivace dai Focolarini a Comunione e Liberazione, dalle Comunità neo-catecumenali alle Comunità ecclesiali di base, distinte a sua volta dalle Comunità di base e dalle Comunità carismatiche.

Nel 1979 istituì la Consulta diocesana delle aggregazioni laicali e nel 1985 presso il Cinema Golden di Catania partecipò a un convegno delle aggregazioni ecclesiali.

In quell’occasione ebbe a dire:

 

«Ci sentiamo uniti nella fede e nella carità: Cristo è in mezzo a noi perché cerchiamo di ascoltare la voce dello Spirito, perché vogliamo dare la nostra povera per la costruzione del Regno di Dio sulla terra, per la edificazione del Corpo di Cristo che è la Chiesa».

 

Partecipava volentieri a tutte le iniziative e agli incontri dei diversi movimenti. Era sempre presente ai convegni nazionali della missione Chiesa Mondo di cui era entusiasta. Seguiva i diversi passaggi delle comunità neo-catecumenali. Non mancava mai alle adunanze diocesane dell’Azione cattolica e agli incontri culturali di Comunione e Liberazione.

Erano tutte occasioni preziose per stringere relazioni: conosceva molti e ricordava tutto.

Di molti ha celebrato il matrimonio e il battesimo dei figli.

Mons. Domenico Picchinenna: un pastore che stava in mezzo al popolo di Dio.

 

Nel 1976 mi chiese di partecipare al Convegno della Chiesa Italiana dal titolo “Evangelizzazione e Promozione Umana”. Fu un grande dono dell’Arcivescovo per la mia crescita ecclesiale.

Ho nitido il suo ricordo alla veglia di preghiera nella basilica di Santa Maria Maggiore in Roma presieduta da Papa Paolo VI. Al termine di quella veglia, il Papa, portato dai sediari, volle salutare tutti: come dimenticare quegli occhi luminosi e penetranti come due spilli che mi fissarono.

Mi accorsi allora della stima e dell’affetto che l’Arcivescovo Picchinenna nutriva verso quel Papa che portava le chiavi pesanti della Chiesa del post Concilio. Gli occhi dell’Arcivescovo lo fissavano e pieni di commozione versavano lacrime di gioia mentre commentava sommessamente: “È un grande, è un grande”.

Nutriva una grande devozione per il Papa: nella profonda e vissuta comunione col successore di Pietro trovava l’entusiasmo per edificare la comunione della Chiesa.

 

È vero quanto scrisse il carissimo e allegro Mons. Mauro Licciardello: «Il Seminario dei chierici se lo vide vicino come un buon papà che cura personalmente i suoi figli».

Il rapporto con noi seminaristi era personale: ti accostava e ti ascoltava come se non avesse altro interesse che il tuo bene e il tuo benessere. Sia il bene spirituale sia quello fisico. Si interessava del progresso nella vita spirituale e nella vocazione, come del benessere fisico. La sua generosità era senza limiti. Mi ricordo che si interessò personalmente presso un dentista per curarmi un’incipiente gengivite pagando di tasca sua l’onorario.

Il primo dono di Mons. Picchinenna a chi si preparava al sacerdozio erano i documenti del Concilio Vaticano II. Lavorava per forgiare preti secondo il Concilio. L’ultimo dono prima dell’ordinazione presbiterale era “La Regola Pastorale di San Gregorio Magno”. In quella regola, egli vedeva il modello del pastore che conosce le sue pecore per nome ossia una pastorale delle relazioni, con una cura individuata da persona a persona.

Restano indimenticabili le “settimane estive” vissute all’eremo di Santa Maria Adonai di Brucoli durante le quali abbiamo appreso da un testimone, protagonista, il miglior commento ai documenti conciliari. Ha partecipato a tutte le sessioni e nell’Arcidiocesi portò avanti con tenacia la sua attuazione.

Condivideva pienamente, in quei giorni di distensione, la vita della comunità del seminario e ci incontrava personalmente, uno ad uno. Perciò conosceva le problematiche di ciascuno: da quelle di salute a quelle familiari ed anche la temperatura spirituale. Ogni anno l’appuntamento era segnato per il mese di agosto, dopo il suo rientro da Montecatini per le cure termali dove - ce lo raccontava divertendosi - beveva acqua calda e salata.

Non dimenticava mai di portare le gustose cialde al miele.

Me lo ricordo come fosse oggi, seduto sugli scogli sotto l’ombrellone, indossava sempre la talare nera e quando tirava vento anche la “greca”: teneva sulla testa un cappellino bianco, e così, mentre lui si immergeva dentro le notizie del giornale, noi seminaristi ci tuffavano in mare.

Chi non amava il mare restava volentieri nell’eremo per preparare il pranzo.

Giorni indimenticabili in cui ci sentivamo abbracciati dalla sua presenza.

Ringrazio l’Arcivescovo Domenico Picchinenna per il bene seminato nella mia anima, per avermi contagiato l’amore per Gesù Cristo e la Chiesa sua Sposa.

Concludo elevando al Signore la nostra preghiera:

 

O Dio, che hai affidato la cura pastorale

della Chiesa Catanese al tuo servo, il Vescovo Domenico,

accoglilo nella dimora eterna,

perché riceva nella gioia

il premio delle sue fatiche apostoliche. Amen.

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