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Omelie del Vescovo (05.10.2019)

05/10/2019 21:33:00

Segreteria Vescovile

Omelie del Vescovo,

Omelie del Vescovo (05.10.2019)

Apertura dell'Anno pastorale 2019-2020

Omelia del Vescovo di Cefalù

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante

 

Apertura dell'Anno pastorale 2019-2020

 

Basilica Cattedrale

Cefalù, 05 ottobre 2019

 

 

Carissimi fratelli e sorelle, 

rivolgo a voi tutti un caloroso saluto: grazie per essere venuti! Saluto tutte le Autorità civili e militari presenti e, in particolar modo, il Vice-Sindaco di Cefalù, Sig. Enzo Terrasi, e i Sindaci di Caltavuturo, Sig. Domenico Giannopolo e di Valledolmo, Dr. Angelo Conti.

Il Salmo 94 che abbiamo poc’anzi ascoltato è detto invitatorio perché la tutta Chiesa lo intona quotidianamente al momento del risveglio mattutino. È il salmo che la Chiesa, appena apre le labbra, recita per cantare la lode di Dio. Il salmista ci rivolge tre parole che sono tre inviti: "venite", "entrate", "ascoltate". «Venite»: dietro a questo invito si muove un popolo come in un pellegrinaggio verso il Tempio del Signore, il luogo in cui il popolo pellegrino riposa con il suo Dio. Anche noi abbiamo accolto questo invito e ci siamo uniti ai canti di gioia, alle acclamazioni, tessendo lodi e ringraziamenti a Dio, roccia della nostra salvezza.

Siamo sulla soglia del Tempio; ci accostiamo e sentiamo un secondo invito: «Entrate». All’interno esprimiamo nella liturgia il nostro rapporto con il Signore: prostrati davanti al Suo volto, lo adoriamo in ginocchio. Avvertiamo la vicinanza di Dio, la Sua presenza è come quella del pastore che ci guida, nutre, cura e governa. Ma mentre è in corso la liturgia, una voce s’impone: le parole impongono il silenzio, tutti ammutoliscono e viene fuori il terzo invito: «Se ascoltaste la sua voce!». La voce si fa parola; è una parola severa che esprime un rimprovero imperativo: «Non indurite il cuore». La voce che ammonisce non è rivolta a uomini fuori dal Tempio, agli indifferenti e ai lontani.

È rivolta ai devoti che si trovano in esso, ai cosiddetti praticanti, il che significa che non sempre sono veri credenti. Proprio a loro è ricordata la mormorazione degli ebrei nel deserto; segno di un popolo indurito nel cuore, sospettoso di Dio, incredulo, nonostante i segni operati dal Signore. La voce richiama il popolo all’essenzialità della fede che viene dall’ob-audientia della Parola.

Nel Prologo alla sua Regola, San Benedetto da Norcia , citando il nostro salmo, così esorta coloro che vogliono seguire Cristo: «Alziamoci, dunque, una buona volta, dietro l’incitamento della Scrittura che esclama: "È ora di scuotersi dal sonno!" e aprendo gli occhi a quella luce divina ascoltiamo con trepidazione ciò che ci ripete ogni giorno la voce ammonitrice di Dio: "Se oggi udrete la sua voce, non indurite il vostro cuore!"»[1]. Questa esortazione non è destinata solo ai monaci, ma a tutti i discepoli di Cristo. Sottolineo quell’oggi.

Ogni giorno, dopo la venuta di Cristo, è l’oggi in cui è possibile incontrare Dio e ascoltare la sua voce; è l’oggi in cui si adempie la Scrittura. Ma questa possibilità offerta dal Signore deve incontrare ogni giorno, l’oggi, vale a dire la risposta della nostra fede.

La risposta alla voce del Signore va data giorno per giorno; al contrario se la voce di Dio non trova l’obbedienza della fede, ogni giorno il cuore s’indurisce fino a diventare un cuore di pietra: freddo, morto, spietato, egoista e violento.

Una pietra pronta a colpire e distruggere. Riscontriamo anche noi questo rischio, come gli Apostoli, a causa della nostra fragilità e perciò anche noi invochiamo: "Accresci la nostra fede!".

Gesù, però, sposta l’attenzione dalla quantità alla qualità. Egli richiama all’essenziale della fede nella linea profetica, come ci ha detto il Profeta Abacuc nella prima lettura: «Ecco, soccombe colui che non ha l’animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede» (Ab 2,4).

Non importa quindi la quantità della fede. Una fede molto piccola, purché sia autentica può operare cose impossibili. Essa suppone l’atteggiamento di apertura. Solo l’invocazione e l’effusione dello Spirito potranno trasformare il cuore di pietra in uno di carne, palpitante e vivo d’amore. La fede animata dallo Spirito non accresce, ma diminuisce e rende piccoli. Più piccoli si diventa per la fede, più potenza evangelica si sprigiona: ecco che allora, in un linguaggio iperbolico, il Vangelo avverte: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: Sràdicati e vai a piantarti nel mare, ed esso vi obbedirebbe» (Lc 17,6). La fede significa farsi piccoli, minus da cui viene minore, ministero, ministro. Si spiega così il riferimento del Vangelo di oggi che usa due termini indicativi della minorità doulos e diakonos, schiavo e servo. Sono i termini della katabasis, dell’abbassamento del Figlio di Dio.

La fede è il principio dinamico che anima il servizio. Secondo una classificazione che mutuo dal Card. Carlo Maria Martini [2] ci sono alcuni servizi che si possono chiamare diakonie fidei, in cui l’oggetto del servizio è la fede.

Diverse forme di servizi per l’evangelizzazione e del servizio pastorale, dove la fede stessa è oggetto del dono comunicato.

Ci sono servizi che si possono chiamare diakonie ex-fide: sono tutti quei servizi che noi rendiamo ai fratelli a partire dalla fede, dalla nostra conversione battesimale, in particolar modo il servizio della carità, delle opere di misericordia, della giustizia sociale, che quanto all’oggetto non si distinguono dal servizio fatto da altri, ma quanto alle motivazioni e allo stile derivano dal Vangelo.

Siamo sempre debitori nei confronti di Dio per quanto Egli ha fatto e continua a fare per noi. Siamo solo dei peccatori, pronti a montare in superbia, a pretendere riconoscimenti di meriti, favori e privilegi. Siamo solo grati per averci chiamati a servire: stiamo lavorando a un progetto e non da soli. Dalla gratitudine si passa così alla gratuità: «Gratuitamente avete ricevuto gratuitamente date» (Mt 10,8).

Con queste parole di Gesù desidero ringraziare e lodare la generosità dei Confrati della Confraternita San Giuseppe di Caltavuturo che hanno accolto subito l’invito a portare qui a Cefalù la pregevole statua di San Giuseppe; icona di questo nuovo Anno pastorale.  

Grazie ai giovani della Parrocchia Santissimo Salvatore alla Torre in Cefalù che, prima di questa celebrazione eucaristica, con tanta simpatia ed entusiasmo hanno animato una bellissima e commovente pagina del Piccolo Principe.

Grazie all’Associazione Musicale Santa Cecilia di Cefalù che, con la sua musica, si è offerta per accompagnare la statua di San Giuseppe in processione. Infine il mio ringraziamento a tutti i componenti del Coro diocesano che con passione e genuina disponibilità animano le celebrazioni liturgiche in questa Basilica Cattedrale. Compito del Coro è sostenere l’assemblea nel canto di lode a Dio; esorto dunque tutti voi qui presenti a lodare il Signore con il vostro canto.  


[1] Benedetto da Norcia, Sancta Regula, Prologo 9-10, SC 181, p. 414.

[2]  C. M. Martini, L’evangelizzatore in San Luca, Milano, 1988, p 82-83.  

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