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Omelie del Vescovo (10.04.2020)

12/04/2020 00:25:00

Segreteria Vescovile

#Omelie del Vescovo,

Omelie del Vescovo (10.04.2020)

Veglia pasquale

Omelia del Vescovo di Cefalù

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante

 

Veglia pasquale

 

Basilica Cattedrale

Cefalù, 10 aprile 2020

 

 

Carissimi fratelli e sorelle,

ritorniamo nuovamente all’alba di quel primo giorno della settimana di cui ci narra l’Evangelista Matteo.

Due donne, Maria di Magdala e l’altra Maria: insieme vanno a visitare la tomba dove si trovava il Corpo di Gesù. Ascoltiamo il passo lento, appesantito dal dolore e pieno di lacrime delle due Marie verso la tomba del loro Maestro. Quell’esperienza viene percepita come un terremoto perché in quel momento crollano tutte le loro certezze; tutto sembra distrutto, cancellato.

È il momento in cui sperimentiamo la fragilità di tutto. È la sensazione che ciascuno di noi sta vivendo dinanzi all’esperienza del contagio virale: la paura e l’incertezza ci hanno contagiati tutti. I sogni e le certezze di molti sembrano svanire dinanzi a quell’immagine che non facilmente dimenticheremo, quella lunga processione di camion dell’Esercito pieni delle bare delle tante vittime della pandemia.

Stiamo ancora vivendo lo Shabbat, il sabato, il giorno in cui tutto si ferma, tutto è attesa; lo spazio in cui Dio può operare.

Sperimentiamo i nostri limiti, l’insufficienza del nostro essere e non sappiamo cosa fare. È il momento in cui bisogna aprirsi all’opera di Dio.

L’autore del Vangelo stanotte a tutti noi sembra volercelo ridire con quella preziosa nota temporale, con una sola espressione: «Era l’alba» (Mt 28,1). L’alba ci fa pensare subito alla luce; alle prime luci. Quelle che sanno allontanare la notte, il buio e la paura; quelle che ci dicono che sta per arrivare un giorno nuovo.

Ma già comincia l’alba, l’alba del giorno dopo il sabato, l’alba di una nuova realtà.

Già comincia, fratelli e sorelle, l’albeggiare della speranza.

Ma abbiamo bisogno che dal cielo venga una parola che ribalti la pietra che chiude la speranza. Una parola che ancora una volta ci  dica: «“Non Abbiate paura”» (Mc 16,6).

Ciò è quanto avviene questa notte: un angelo del Signore, un messaggero celeste, si fa vicino e il suo primo gesto è quello di aprire la tomba, ribaltando la pietra. Il messaggero ribalta la situazione, il luogo della morte, il sepolcro; diventa l’ambone da cui l’angelo proclama il messaggio della vita. Vi confesso un mio forte desiderio: come vorrei che nella nostra Basilica Cattedrale venga presto realizzato un ambone dignitoso dal quale proclamare la Parola della vita.

Il luogo delle tenebre e della morte ora diventa cattedra dalla quale si insegna la vita. Sono certo che, grazie al fermento della risurrezione, anche questa pandemia verrà ribaltata e diventerà una cattedra che ci insegnerà un nuovo percorso, una strada di luce e un nuovo modo di vivere.

Quell’angelo era vestito di bianco: un bianco candido come la neve, così come vestono i neofiti, i neo-battezzati, gli illuminati. È il vestito nuovo che scende dal cielo. È l’abito di coloro che hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello. Un angelo di Luce che squarcia le tenebre del mondo.

Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro: così abbiamo cantato nel preconio.

Si, Signore questa è la notte in cui iniziare a muovere i nostri primi passi per vederti Risorto e incontrare la Luce come hanno fatto Maria di Magdala e Maria, la madre di Giacomo e di Giuseppe. Questa è la notte in cui possiamo iniziare a uscire da questo tunnel, da questo labirinto della morte. Vienici incontro Signore!

Ti preghiamo, fatti vicino! Aiutaci a trasformare il dolore, la morte di quanti sono stati inchiodati dal Coronavirus in una incancellabile lezione di vita che ci faccia mendicanti, ricercatori e uomini della speranza. Aiutaci a non seppellire mai il sacrificio delle vittime da Coronavirus, ad asciugare le lacrime dei loro familiari, a valorizzare la vita e il servizio donato da medici, infermieri, operatori sanitari, volontari, servitori della vita comune. Aiutaci a risorgere per impegnarci a non essere mai più pigri e distratti custodi della nostra casa comune.Signore, vogliamo raccogliere l’invito del tuo angelo di portare a tutti il lieto annuncio della Pasqua.

Vogliamo partire, ma prima è necessario deporre le bende che ci obbligano a vedere solo il buio della morte, del dolore, del pianto, della sfiducia e dello scoraggiamento.

Ci vengono già incontro alcuni “Cirenei” della gioia. Primo tra tutti quel Mattia di Codogno. Quello che conosciamo meglio come il “paziente uno” da Coronavirus. Non è solo. Accanto a lui c’è la moglie Valentina, anche lei una “risorta” dal COVID-19. C’è anche Giulia, la piccola Giulia nata pochi giorni fa. Sono i primi “Cirenei” della gioia che vediamo arrivare. Sono loro il primo focolaio della “nuova vita”. Sono focolai contagiosi: ne vogliamo incontrare infiniti. Con loro si è aperto il primo reparto di “terapia intensiva” della vita, della speranza, della resurrezione. Dove c’è un posto per tutti. Da quando abbiamo iniziato a celebrare la Tua Resurrezione.

Da stanotte. Amen.

Buona Pasqua, Cristo è risorto! È veramente risorto!​ 

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