Discorsi e Interventi del Vescovo di Cefalù
S.E.R.Mons. Giuseppe Marciante
Discorso alla Città di Cefalù e alla Chiesa Cefaludense nella festa del Santissimo Salvatore
Sagrato della Basilica Cattedrale
Cefalù, 06 agosto 2018
Carissimi fratelli e sorelle,
carissimi amici e amiche,
è la prima volta che mi trovo a celebrare con voi la festa della Trasfigurazione del Signore, la festa del Santissimo Salvatore.
Sono trascorsi appena tre mesi dal mio arrivo in questa città, dal mio ingresso in questa Diocesi come vostro vescovo.
Posso affermare ad alta voce che già mi sento pienamente uno di voi: sono vostro padre nella fede, fratello in Cristo, amico e compagno di viaggio nei sentieri del tempo, nella storia che viviamo.
Stasera sono in mezzo a voi anche come vostro concittadino.
Chi ama Cefalù, anche se si allontana per pochi giorni, sente subito la nostalgia del ritorno. E se questo capita anche a me, è segno che la amo e voglio servirla. Lo ripeto la amo e voglio servirla insieme a ogni comunità, a ogni parrocchia della nostra Chiesa diocesana: anche la più piccola, la più sperduta, la più povera, la più abbandonata. In questa calda sera d’agosto che ci narra e ci consegna una fetta visibile dell’amore e della gloria di Dio ancora una volta sento forte il bisogno che sgorga dal mio cuore di ringraziarvi per la calorosa ed elegante accoglienza che mi avete donato e continuate a donarmi; per l’affetto che in ogni occasione mi dimostrate; per la testimonianza di fede che sprigionate; per la pazienza solida che possedete e portate nell’ascoltarmi. A tutti voi il mio grazie. Di cuore.
Oggi tutta la creazione è chiamata a far festa, anche quando noi la deturpiamo, la avveleniamo, la distruggiamo, non la valorizziamo.
In un giorno come questo, il 6 agosto 1945, abbiamo conosciuto lo sfiguramento dell’umano, quando l’aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima e tre giorni dopo su Nagasaki. Testimone oculare del bombardamento fu Padre Pedro Arrupe, futuro generale dei Gesuiti: «in questi momenti forti» - ebbe a dire - «uno si sente più vicino a Dio, sente più profondamente il valore dell’aiuto di Dio».
Ebbene in quel giorno, l’uomo ha sfigurato la creazione. Ma oggi siamo nuovamente chiamati celebrare le meraviglie della creazione nella Trasfigurazione del Signore. Facciamolo insieme contemplando come opera di Dio la bellezza che ammanta la nostra Cefalù e il territorio delle Madonie. Gustiamo i sapori e i colori di questa bellezza.
Ascoltiamo i suoni e le parole!
È proprio vero, il territorio della nostra diocesi è un incrocio formidabile, quasi unico di mare e di montagna. Il nostro Pantocratore, il Creatore di ogni cosa con la sua mano benedicente non si arrende nell’amarci consegnandoci uno "spettacolo" che non può che condurci alla lode e alla contemplazione.
Questa contemplazione della natura non deve arrestarsi al solo stupore, alla meraviglia. Deve aiutarci a spalancare le finestre sul nostro futuro, sul domani della nostra Cefalù, dei nostri Comuni.
È giunto il tempo di progettare insieme; di osare insieme, a percorre con determinazione i passi del dialogo verso il bene comune.
Come non ricordare in questo giorno il 40° anniversario della morte del Beato Papa Paolo VI, il Papa della "Populorm progressio"; un’Enciclica mirata sullo sviluppo solidale dei popoli, il cui pensiero di fondo era la Costituzione pastorale "Gaudium et spes". Nel clima della Guerra Fredda che si respirava allora, il Papa mostrava che la vera cortina di ferro non era tra l’Est e l’Ovest ma quella che divideva il Nord e il Sud del mondo, «i popoli dell’opulenza» dai «popoli della fame».
Dobbiamo lasciarci trasfigurare dalla luce della speranza. Tutti!
Il vescovo, il suo presbiterio, i nostri politici, le nostre famiglie, i giovani, chi cerca un lavoro, chi è tentato di lasciare la nostra terra, chi trova rifugio nel gioco d’azzardo, nei giochi on line, nella droga, nell’alcol e anche i nostri bambini ai quali abbiamo il dovere di consegnare il sorriso della speranza.
Costruiamo un "Laboratorio della Speranza", investendo sulle perle preziose che possediamo: natura, cultura, insieme alle nuove tecnologie.
Deve compiersi nella nostra mente, che non può conformarsi alla mentalità egoistica del nostro tempo. Per noi oggi celebrare la Trasfigurazione del Signore vuol dire prima di ogni cosa respingere ogni sterile forma di inerzia, di passività che trasforma l’uomo in cadavere e che, di riflesso, potrebbe trasformare le nostre comunità in silenziosi cimiteri.
Ho letto i dati pubblicati giorni fa su un nostro quotidiano italiano che parlano della diaspora dei ragazzi nati al sud. Sono i numeri del rapporto Svimez 2017. Dal Sud Italia si scappa: scappano i laureati.
Dal 2002 al 2016 se ne sono andati via un milione 883. 872 residenti e di questi 783.511 non sono più tornati. Siamo di fronte a un esodo biblico. Anche i nostri paesi delle Madonie si spopolano.
Il fenomeno dell’emigrazione dei giovani ha ormai raggiunto una portata preoccupante.
Assistiamo a una desertificazione dei nostri comuni. Se ne va il capitale umano dalle nostre terre, emigrano intelligenze, talenti, forze. Emigra la speranza.
I nostri paesi sprofondano: è una situazione drammatica sulla quale non possiamo fare silenzio. Un’emorragia di fronte alla quale la Chiesa, come madre, deve interrogarsi e dare delle possibili risposte. In tanti cercano risposte nelle slot machine. Come mettere a tacere quest’altra bruciante verità: i Madoniti nel 2016 hanno bruciato alle slot machine 43,7 milioni di euro.
È mia intenzione far precedere l’apertura dell’anno pastorale della Chiesa di Cefalù da un incontro con tutti i sindaci dei Comuni della nostra Diocesi. Per iniziare insieme, nel rispetto di ruoli e competenze, un cammino di analisi sulle emergenze del nostro territorio.
Occorre favorire a tutti i livelli una "cultura dell’incontro", ascoltandoci vicendevolmente.
Ascoltando il grido della nostra amata Sicilia.
Come Chiesa dobbiamo compiere questo pellegrinaggio nella storia, nell’oggi lasciandoci accompagnare e proteggere in questo cammino da Maria, la prima dei credenti, nostra sorella nella fede a noi sempre vicina.