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Omelie del Vescovo (27.12.2018)

27/12/2018 10:55:00

Segreteria Vescovile

#Omelie del Vescovo,

Omelie del Vescovo (27.12.2018)

Esequie del Vescovo emerito di Cefalù, S.E.R. Mons. Rosario Mazzola

Omelia del Vescovo di Cefalù

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante

 

Esequie del Vescovo emerito di Cefalù, S.E.R. Mons. Rosario Mazzola

 

Basilica Cattedrale

Cefalù, 27 dicembre 2018

 

 

Carissimi confratelli nell’Episcopato, 

carissimi presbiteri,

carissimi fratelli e sorelle e parenti del compianto vescovo Rosario,    

nel gaudio del Natale ci ritroviamo quest’oggi, festa di San Giovanni Apostolo ed Evangelista, a celebrare il dies natalis al cielo di S.E.R. Mons. Rosario Mazzola.  Il nostro fratello nell’episcopato e padre nella fede ha terminato la sua corsa, conservando la fede. Per lui chiediamo al Dio delle misericordie la corona di giustizia perché ha saputo attendere con amore la manifestazione di Cristo Gesù, portando a compimento l’annuncio del Vangelo (cf 2Tim 4, 7-8). 

Il Signore guida i passi del nostro cammino e non ci abbandona, anche quando sembra che si assenti o se ne stia in silenzio. Il brano evangelico che abbiamo proclamato e ascoltato ci presenta tre reazioni diverse di fronte al segno della tomba vuota dove avevano deposto il Signore. Tutte hanno in comune la corsa per la fretta di arrivare al sepolcro. Maria di Magdala è la prima che si avvicina al sepolcro «quando era ancora buio».

È la prima che ha il coraggio di lasciarsi provocare da una realtà che conserva ancora tutta la dimensione dell’assurdo. Maria ha un desiderio: cercare il suo Maestro.  «Amare è dire: tu non morirai!» ha scritto il filosofo Gabriel Marcel. 

Pietro è il credente la cui fede è continuamente chiamata a compiere salti di qualità, a percorrere vie nuove; e per questo a volte fatica scontrandosi con la propria debolezza e la propria presunzione. Pietro corre con questi pensieri, con questa fede e questi dubbi, con queste paure ed esitazioni. La sua corsa non è incerta, sa dove andare e sa cosa vuole vedere; ma questa corsa è appesantita, affaticata.  Ha bisogno di incontrare nuovamente quello sguardo dal quale aveva avuto inizio il suo cammino e con il quale verrà nuovamente confermato nella sua fede. La corsa del discepolo amato, identificato nell’apostolo Giovanni, è veloce; è la corsa di chi ha lo sguardo interiore penetrante, di chi intuisce una novità, di chi si lascia abitare dal mistero. Prima ancora di incontrare il Risorto, alla vista delle bende e del sudario, il suo sguardo va oltre: supera l’abisso dell’assenza, afferma, nel vuoto della tomba, che Cristo ha vinto ciò che appartiene al tempo, sa decifrare il linguaggio dei segni, scopre una misteriosa presenza. E per questo diventa testimone fedele, perché con il suo sguardo che va oltre, indicherà ai discepoli la presenza del Risorto fino alla fine dei tempi.

Dell’immagine della corsa si serve San Paolo per dire ai discepoli di Gesù che mai si dovrà smettere di correre dietro Cristo, al fine di raggiungere Lui. Cristo è sempre dinanzi a noi, mai dietro, mai raggiunto, sempre da raggiungere perché è sempre avanti. 

Nella lettera ai Filippesi confessa: «Non ho certo raggiunto la mèta, non sono arrivato alla perfezione; ma mi sforzo di correre per conquistarla, perché anch’io sono stato conquistato da Cristo Gesù. Fratelli, io non ritengo ancora di averla conquistata. So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù». (Fil 3,12-14). 

Il vescovo Rosario ha saputo essere un vero atleta dello spirito non per ricoprire posti ragguardevoli, ma per vincere l’unico vero premio, Cristo Gesù. Con amore e pazienza ha arato la terra della chiesa di Palermo e di Cefalù perché portasse frutto. Ha annunciato alla Chiesa di Cefalù quel che ha visto e toccato con gli occhi della fede. Ha amato visceralmente questa Chiesa, sua sposa, non con un cuore di pietra, ma un cuore di carne che si sapeva commuovere fino a giungere, in certe circostanze, alle lacrime. Riporto le parole belle rivolte alla Chiesa di Cefalù nel testamento olografo:    
Nel momento in cui sto per lasciare questa terra voglio rinnovare il mio grande amore e la mia fedeltà alla Chiesa Cattolica e Apostolica, alla Chiesa che è in Palermo, quale mia madre che mi ha generato nella fede e nella grazia del battesimo, alla Chiesa che è in Cefalù, quale mia sposa mistica che ho amato e servito, al mio presbiterio e a tutti i fratelli e sorelle per i quali ho consacrato tutta la mia vita.  
Lo Spirito di sapienza gli ha permesso di vedere e udire non solo con le orecchie o con gli occhi, ma col cuore. Il Signore gli ha concesso di cooperare alla sua azione creatrice in modo mirabile, in parrocchia specialmente al Villaggio Ruffini e a Villa Tasca, in Azione Cattolica, nell’arcidiocesi di Palermo come vicario generale e poi come vescovo ausiliare. Tante energie e risorse egli ha dedicato alla Comunità Impegno di Ministerialità Ecclesiale (Cime), alla Casa Soggiorno Poggio Maria. 

Carissimi membri della comunità Cime e giovani animatori di Poggio Maria, Mons. Rosario Mazzola vi ha accompagnato con amore e dedizione, continuerà ancora meglio dal Cielo e vi raccomanda nel testamento di essere fedeli e generosi nel servizio alla Chiesa. «Siate santi per la gloria di Dio e la bellezza della Chiesa».

Non è mai andato in pensione, perché ha saputo allenarsi quotidianamente come Pietro e Giovanni, con la passione per la Chiesa e per il mondo. Ha saputo correre sempre, non demordendo mai, perché il premio da conquistare era di gran lunga superiore ad ogni altra ricompensa.

Il vescovo Rosario ha saputo guardare oltre il contingente, il caduco, il fallimentare perché ha incontrato l’Altro della sua Vita, l’amore che fa nuove tutte le cose e per questo profeticamente ha chiesto a tutti, ministri ordinati, famiglie e giovani, educatori e politici a correre speditamente per rinnovare la nostra Chiesa e il mondo. 

Ha amato il seminario, chiedendo ai giovani presbiteri di proseguire gli studi a Roma per essere capaci di dialogare con il mondo attuale. Nella Lettera pastorale "Lasciare Babele" (1996) trattò dell’educazione ai media proponendo alle parrocchie di dare vita ad una vera e propria pastorale dell’educazione alla fede.  

Per lui importante era che tutti sapessero usare i nuovi strumenti della comunicazione con intelligenza:   

 

La parrocchia deve diventare una vera e propria bussola pedagogica per l’uomo smarrito nei meandri di strumenti da egli stesso costruiti [...]. Per l’uomo naufrago nell’oceano di parole create dai media, la parrocchia deve essere bussola che conduce all’Eterna Parola. La parrocchia deve lasciare Babele e adoperarsi per riportare la comunicazione tra gli uomini.   

 

Per questa sua attenzione ai nuovi Media fu chiamato a collaborare nella Commissione Episcopale della Cei per le comunicazioni sociali e la delega in seno alla Cesi. Con la Lettera pastorale "Oltre la folla" (1997) il vescovo Rosario ha seminato sul terreno buono, sui sassi, sulla strada, sui rovi di questa Chiesa di Cefalù. Ha richiamato le istituzioni e gli uomini e le donne di buona volontà a non comportarsi come "fanno tutti", ma ad essere coscienza critica nella società attuale. Scriveva ancora:    
La mancanza di lavoro affligge il popolo di Sicilia. La drammatica situazione è la conseguenza di una "politica delle parole" sulla quale sono state costruite le nostre comunità. All’agricoltura, all’artigianato, alla pesca, floride fonti di sussistenza, a partire dagli anni ’60, è stata contrabbandata l’idea del posto fisso. Lentamente, la nostra gente è stata spodestata dei suoi capitali, fatti di terre, sementi, barche, animali e spronata a cercare il cosiddetto "lavoro sicuro". I "politici delle parole" non hanno saputo guardare avanti per scorgere i rischi e i pericoli. Intanto, le nuove generazioni si affacciavano alla vita, aspettavano il "reddito facile" e sconoscevano il sacrificio per il lavoro.

E oggi il mondo politico continua a legiferare per rubare qualche traccia di lavoro rimasto: anche chi ha una piccola azienda agricola o zootecnica è costretto ad abbandonarla perché non riesce ad andare dietro a leggi e regolamenti; intanto, si affaccia di nuovo la piaga dell’emigrazione.   

Invitava allora a "sviluppare una cultura dell’eticità della vita, delle azioni, del rapporto sociale" in modo da "passare dalla fase della denuncia a quella della ricostruzione".  
Mi sento confortato da queste parole nel portare avanti il "Laboratorio della Speranza" a favore dei giovani disoccupati.

Un profondo senso di riconoscenza nutriva per la sua famiglia, specialmente per la sorella Concetta che lo ha seguito per vocazione con fedeltà sin dalla sua giovinezza e lo ha assistito con grande amore e spirito di sacrificio. 

Il suo amore, inoltre e la sua gratitudine ai nipoti per l’affetto con cui lo hanno confortato, stimato e amato; per loro inoltre tanta riconoscenza perché non si sono serviti dello zio vescovo. Affidiamo il nostro vescovo Rosario all’intercessione della Vergine Maria. 

Mons. Mazzola, ha espresso con un gesto significativo il suo legame con la Madonna di Gibilmanna e il suo affetto verso la diocesi di Cefalù, di cui la Madonna di Gibilmanna è Patrona, donando al Bambino Gesù la sua croce pettorale e alla Gran Signura il suo anello pastorale. Come il chicco di grano, deporremo il suo corpo sotto il suolo sacro di questa antica Cattedrale lungo la navata del Santissimo Sacramento, non in un cenotafio, perché nella primavera della risurrezione germogli e porti frutto abbondante.

Consegniamo al vescovo Rosario, il bisogno di nuovi operai della Messe divina, perché lo presenti a Dio nostro Padre, affinché tanti giovani nella nostra diocesi rispondano prontamente alla chiamata al sacerdozio:    


Spirito del Signore, dono del Risorto agli Apostoli del cenacolo,

gonfia di pathos la nostra Chiesa Cefaludense

che ti rende grazie per il ministero apostolico del vescovo Rosario. 

Tu che l’hai reso costantemente innamorato di questa terra impastata di cielo e di mare,

confortaci con l’abbondanza della tua grazia e con l’olio della comunione fraterna. 

Come l’apostolo Giovanni, dopo essere stato servus in gloriam eius per questa tua Chiesa,

possa trovare riposo dolce e soave sul petto del Maestro. 

Concedi a noi che abbiamo sperimentato la sua dolcezza e amabilità,

la sua fortezza e tenacia, i doni della pace e della gioia.  Amen.   

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