Omelia del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
Venerdì Santo
Basilica Cattedrale
Cefalù, 10 aprile 2020
Carissimi,
Il Signore Gesù ha condiviso in tutto la fragilità dell’uomo escluso il peccato.
Gesù condivide la sofferenza di tanti nostri fratelli e sorelle che oggi soffrono per questa pandemia che affligge il mondo.
Vediamo l’immagine di Cristo in tanti fratelli sofferenti, ma soprattutto in quei fratelli e in quelle sorelle sofferenti che non hanno la possibilità di comunicare con i propri cari e che non possono pronunciare le ultime parole della vita che si spegne.
Questo fatto ci fa apprezzare ancora di più le ultime parole di Gesù sulla croce.
Ascoltiamo dunque in profondità i versetti 28-30 del capitolo 19 del Vangelo di Giovanni proclamate pocanzi nella lettura del Passio:
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito (Gv 19,28-30).
Se notate, Il verbo ricorrente in pochi versetti è “compiere”: “già le cose tutte sono state compiute”, “perché si compisse la Scrittura” e poi dopo aver detto “Ho sete”, come un grido di vittoria, pronuncia l’ultima parola: “è compiuto”.
“Compiere”, vuol dire “portare al limite estremo, al compimento, alla perfezione”.
Richiama l’inizio della passione, al capitolo 13, quando si dice 1 Prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino all’estremo limite. Quell’estremo limite è annunciato quando Gesù lava i piedi e dà il boccone a Giuda, e si compie totalmente questa sera.
È il momento in cui l’amore diventa tutto. Ed è quando uno dona tutto. Allora è comprensibile. E Gesù a questo punto dona tutto: ha donato le vesti, il corpo, il sangue, dopo tutto questo dona la Madre per dirci che ormai noi abbiamo preso il suo posto nel cuore della Madre, siamo tutti figli suoi.
Dopo tutto questo, ora ha sete: la sorgente di acqua viva ha sete, ha sete per noi. Siamo arrivati al telos, al limite. Ha sete per noi, perché deve darci da bere un’acqua che zampilla per la vita eterna, l’acqua promessa lungo il bordo di un pozzo nell’ora zenit del giorno a una donna samaritana. Ora ha sete perché deve darci l’acqua cambiata in vino alle nozze di Cana per celebrare le nozze dell’Agnello con la Chiesa . E questa è l’ora in cui tutto questo si realizza.
Lo abbiamo ascoltato, a Lui che ha sete, viene dato aceto; l’aceto è vino andato male, cioè simbolo di egoismo, di non amore, di morte. Il gesto estremo è che lui prende questo calice di morte che gli offriamo. Gesù si disseta, nella sua sete di amore, sorbendo, assumendo quell’aceto che è la tristezza, l’amarezza di tutta quanta la storia umana, in cui è confezionata la storia, da cui è pervasa la storia e in cui si manifesta il male. Ricordiamo ora le parole di Gesù nell’orto del Getsemani «"Padre mio, se è possibile, passi via da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!"» (Mt 26,39).
Tutto è compiuto. È come dire: la porta è stata aperta. La porta del cielo è aperta, resta sempre aperta. E ciò che Dio ha cominciato nella creazione - poi arrivato al sesto giorno, compiuta la sua opera, riposò - qui tutto finalmente è perfetto, è giunto all’estremo limite. Cioè, in tutto, nel vaso del mondo che è pieno di aceto e di morte, entra l’amore assoluto estremo di Dio che si consegna. Qui tutto è compiuto. Dio non può dare nulla di più di questo. Ha dato tutto se stesso. C’è la consegna di sè. Qui tutto è compiuto.
Chinato il capo. Il Figlio dell’uomo innalzato è il chinare il capo di Dio sul mondo. China il capo sulla Madre, sul discepolo, sugli amici, sugli astanti, su Gerusalemme, sull’universo intero. Il Figlio dell’uomo innalzato è il chinare il capo di Dio sull’umanità, sull’universo. È la condiscendenza divina.
E consegnò lo spirito, non si dice “spirò”; “consegnò”. In risposta al calice di aceto, ci consegna lo Spirito, il vino nuovo, il vino bello, segno dell’amore, delle nozze, cioè ci dà l’amore. Lo Spirito è l’amore tra Padre e Figlio, quell’amore che Lui ha verso il Padre e che il Padre ha verso di Lui che è la vita di Dio. Più di questo, Dio non può darci, perché ci dà se stesso. Ed è proprio qui che rivela l’amore estremo: dà se stesso totalmente. A noi è chiesto di accogliere, accogliere la Madre come Giovanni l’accolse nella sua casa, ora ci consegna lo Spirito, ci viene chiesto di accogliere lo Spirito.
Carissimi, apriamo le porte della nostra casa per accogliere questo dono immenso che Gesù ci ha consegnato dalla croce.
Adesso bacerò la Santa Croce, non vi nascondo che ho timore a fare questo gesto, perché non vorrei dare il bacio di Giuda, colui che lo tradì con il segno dell’amicizia. Mi ritornano al cuore le parole di Gesù al Getsemani: “Giuda, con un bacio tradisci il Figlio dell’Uomo” (Lc 22,48). E il timore si accresce perché questa sera sarò l’unico a fare questo gesto, per i limiti imposti dal contagio, e vuole rappresentare il bacio di tutta comunità. Vi prego, non lasciatemi solo nel dare questo bacio, fatelo tutti da casa. Prendete il Crocifisso, baciatelo e ditegli “Signore non son degno di baciarti perché sono un peccatore, ma tu dalla croce, hai detto al Padre «perdona loro perché non sanno quello che fanno». Si, Signore, abbi pietà di noi e liberaci dal male”. Amen.