Discorsi e Interventi del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
"Spezziamo il muro dell'isolamento per vivere la fraternità"
Messaggio per la Quaresima 2021
Palazzo Vescovile
Cefalù, 17 febbraio 2021
Mercoledì delle Ceneri
Carissimi fratelli e sorelle,
vi propongo la lettura e la meditazione del brano evangelico di Marco (Mc 9, 14-29) per introdurre il nostro cammino quaresimale:
14E arrivando presso i discepoli, videro attorno a loro molta folla e alcuni scribi che discutevano con loro. 15E subito tutta la folla, al vederlo, fu presa da meraviglia e corse a salutarlo. 16Ed egli li interrogò: “Di che cosa discutete con loro?”. 17E dalla folla uno gli rispose: “Maestro, ho portato da te mio figlio, che ha uno spirito muto. 18Dovunque lo afferri, lo getta a terra ed egli schiuma, digrigna i denti e si irrigidisce. Ho detto ai tuoi discepoli di scacciarlo, ma non ci sono riusciti”. 19Egli allora disse loro: “O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo da me”. 20E glielo portarono. Alla vista di Gesù, subito lo spirito scosse con convulsioni il ragazzo ed egli, caduto a terra, si rotolava schiumando. 21Gesù interrogò il padre: “Da quanto tempo gli accade questo?”. Ed egli rispose: “Dall’infanzia; 22anzi, spesso lo ha buttato anche nel fuoco e nell’acqua per ucciderlo. Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci”. 23Gesù gli disse: “Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede”. 24Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: “Credo; aiuta la mia incredulità!”. 25Allora Gesù, vedendo accorrere la folla, minacciò lo spirito impuro dicendogli: “Spirito muto e sordo, io ti ordino, esci da lui e non vi rientrare più”. 26Gridando e scuotendolo fortemente, uscì. E il fanciullo diventò come morto, sicché molti dicevano: “È morto”. 27Ma Gesù lo prese per mano, lo fece alzare ed egli stette in piedi. 28Entrato in casa, i suoi discepoli gli domandavano in privato: “Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?”. 29Ed egli disse loro: “Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera”.
Il testo segue immediatamente il racconto dell’evento della trasfigurazione sul monte dove la voce che uscì dalla nube concluse la rivelazione: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!» (Mc 9, 7). Scesi dal monte si imbattono sui discepoli che in sua assenza erano alle prese con un difficile esorcismo e con la domanda finale: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?» (v. 28).
L’esperienza della trasfigurazione non ha allontanato Gesù dal popolo, l’intimità con il Padre lo ha reso ancora più vicino alle sofferenze e alle fragilità umane. Anzi nella comunione profonda con la volontà del Padre trova la sorgente che alimenta la sua missione e la forza che lo rende capace di sanare tutti. Al contrario i discepoli perdevano tempo in una disputa con gli scribi e con la folla e forse per questo incapaci di allontanare il male. Anziché ascoltare, annunciare e pregare discutono.
Il male non aspetta le nostre discussioni, ma la nostra preghiera e la nostra azione. Quando il male penetra all’interno della vita dei singoli e della società provoca tanto danno e tanta sofferenza.
Nel brano si dice che il ragazzo era scosso da convulsioni, rotolava a terra, schiumava, strideva i denti, si irrigidiva. Il maligno aveva tentato persino di ucciderlo buttandolo nel fuoco o nell’acqua.
La folla, gli scribi e i discepoli che discutevano, intanto incassarono il rimprovero di Gesù: «O generazione incredula! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?» (v. 19).
Gli esorcismi compiuti da Gesù sono segni di liberazione; testimonianze forti che mostrano Gesù come il Messia, il Salvatore mandato dal Padre per distruggere il potere del male.
Gesù compie l’esorcismo tirando fuori la forza della fede così come si evince dal dialogo col padre del ragazzo: «Ma se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci» (v. 22). Gesù gli disse: «Se tu puoi! Tutto è possibile per chi crede» (v. 23). Il padre del fanciullo rispose subito ad alta voce: «Credo; aiuta la mia incredulità!» (v. 24). Così Gesù rimette in piedi, fa risorgere quel povero ragazzo ormai dato per morto. Degno di sottolineatura il comando di Gesù allo spirito impuro, “muto e sordo”.
È spirito muto e sordo perché chiuso alla comunicazione e impedisce la relazione. È il divisore; colui che ci divide da Dio e frantuma i rapporti tra gli uomini.
L’uomo è relazione perché creato a immagine e somiglianza di Dio. Ecco perché Gesù dice che: «Questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo, se non con la preghiera» (v. 29), ossia con la riapertura del canale di dialogo con Dio.
Ripristinato l’ascolto della Parola di Dio è possibile riaprire la comunicazione tra gli uomini.
Per lo spirito muto e sordo infatti non esiste l’altro, ma solo se stesso: perciò manca di relazione e, poiché l’uomo non può esistere senza l’altro, l’uomo individualista e autoreferenziale è come morto.
Uno spirito muto e sordo sta penetrando in molti fenomeni culturali e sociali del nostro tempo e che corrispondono all’individualismo, ai neo nazionalismi, ai rigurgiti di razzismo, alla globalizzazione dell’indifferenza, alla perdita del senso sociale e del bene comune.
L’immagine di questo spirito muto e sordo è come riflesso nella pandemia del SARS-COV-2 che ci costringe all’isolamento, alla distanza, alla paura di essere contagiati.
Papa Francesco in Fratelli Tutti constata amaramente che: «Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza»[1].
Una società posseduta dallo spirito muto e sordo dell’individualismo è una società profondamente malata.
In questa Quaresima il Santo Padre propone a tutti un percorso di formazione del cuore per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza. Avere un cuore misericordioso, non significa avere un cuore debole: «Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle»[2].
1. Vi esorto a tenere aperto il canale dell’ascolto della Parola di Dio.
Innanzitutto apriamo la relazione con Dio, il totalmente Altro, che si è fatto vicino, prossimo di ogni uomo come ci ricorda Papa Francesco:
La Parola di Dio ci permette di toccare con mano questa vicinanza, perché - dice il Deuteronomio - non è lontana da noi, ma è vicina al nostro cuore (cfr. 30,14). È l’antidoto alla paura di restare soli di fronte alla vita. Il Signore, infatti, attraverso la sua Parola con-sola, cioè sta con chi è solo. Parlandoci, ci ricorda che siamo nel suo cuore, preziosi ai suoi occhi, custoditi nelle palme delle sue mani. La Parola di Dio infonde questa pace, ma non lascia in pace. È Parola di consolazione, ma anche di conversione. “Convertitevi”, dice infatti Gesù subito dopo aver proclamato la vicinanza di Dio. Perché con la sua vicinanza è finito il tempo in cui si prendono le distanze da Dio e dagli altri, è finito il tempo in cui ciascuno pensa a sé e va avanti per conto proprio. Questo non è cristiano, perché chi fa esperienza della vicinanza di Dio non può distanziare il prossimo, non può allontanarlo nell’indifferenza. In questo senso, chi frequenta la Parola di Dio riceve dei salutari ribaltamenti esistenziali: scopre che la vita non è il tempo per guardarsi dagli altri e proteggere sé stessi, ma l’occasione per andare incontro agli altri nel nome del Dio vicino. Così la Parola, seminata nel terreno del nostro cuore, ci porta a seminare speranza attraverso la vicinanza. Proprio come fa Dio con noi[3].
La Sacra Scrittura ha una struttura dialogica e cerca, perciò, un cuore che ascolta. Ancora una volta vi invito all’ascolto della Parola di Dio, attraverso la lettura personale e comunitaria della Sacra Scrittura nell’esperienza della lettura orante, detta lectio divina.
Nell’icona di Emmaus, Gesù stesso, nel dialogo lungo la via, offre ai due discepoli un’autentica esperienza di lectio divina.
Ad essi infatti Gesù, dopo la resurrezione, ha consegnato la chiave ermeneutica per la comprensione delle profezie scritte nell’Antico Testamento e che si riferivano a Lui stesso. E mentre spiegava le Scritture lo Spirito Santo faceva ardere il loro cuore e li apriva gradualmente a riconoscere nel compagno di cammino la presenza del Signore Risorto.
2. Vi esorto a tenere aperto il canale del dialogo fraterno.
Vi consiglio una lettura per questo tempo di quaresima: la prima Lettera Enciclica di Papa Paolo VI intitolata Ecclesiam Suam consegnata alla Chiesa Universale il 6 agosto del 1964, a Concilio ancora in corso, e considerata una sorta di “programma” di Papa Montini.
Sottolineo specialmente la terza parte dedicata al dialogo, cioè il modo con cui la Chiesa avrebbe dovuto evangelizzare il mondo contemporaneo e concepire la sua attività ministeriale e la sua missione apostolica: «La Chiesa deve venire a dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio»[4] .
Il dialogo è definito “un’arte di spirituale comunicazione” e i suoi caratteri sono:
La chiarezza. «Il dialogo suppone ed esige comprensibilità, è un travaso di pensiero, è un invito all’esercizio delle superiori facoltà dell’uomo; basterebbe questo suo titolo per classificarlo fra i fenomeni migliori dell’attività e della cultura umana; e basta questa sua iniziale esigenza per sollecitare la nostra premura apostolica a rivedere ogni forma del nostro linguaggio: se comprensibile, se popolare, se eletto»[5].
La mitezza. «Quella che Cristo ci propose d’imparare da Lui stesso: Imparate da me che sono mansueto e umile di cuore (Mt 11,29); il dialogo non è orgoglioso, non è pungente, non è offensivo. La sua autorità è intrinseca per la verità che espone, per la carità che diffonde, per l’esempio che propone; non è comando, non è imposizione. È pacifico; evita i modi violenti; è paziente; è generoso»[6].
La fiducia. «Tanto nella virtù della parola propria, quanto nell’attitudine ad accoglierla da parte dell’interlocutore: promuove la confidenza e l’amicizia; intreccia gli spiriti in una mutua adesione ad un Bene, che esclude ogni scopo egoistico»[7].
La prudenza pedagogica, «la quale fa grande conto delle condizioni psicologiche e morali di chi ascolta: (Mt 7,6) se bambino, se incolto, se impreparato, se diffidente, se ostile; e si studia di conoscere la sensibilità di lui, e di modificare, ragionevolmente, se stesso e le forme della propria presentazione per non essergli ingrato e incomprensibile»[8].
«Nel dialogo, così condotto, si realizza l’unione della verità con la carità, dell’intelligenza con l’amore»[9].
Quanto più è chiara e forte l’identità personale, l’adesione alla fede cattolica e l’appartenenza alla Chiesa, tanto più si è aperti al dialogo con i fratelli cristiani di una confessione diversa e al dialogo interreligioso con credenti di altre fedi e di altre culture.
Il cristiano adulto e maturo nella fede non ha paura del dialogo.
È importante apprendere l’arte del dialogo specialmente per vivere con frutto il cammino sinodale che stiamo percorrendo con entusiasmo.
Vi invito a seguire con interesse la fase formativa per acquisire una mentalità e uno stile sinodale. C’è più gioia quando si arriva alla verità insieme. Anzi oserei dire che solo camminando insieme si arriva alla pienezza della verità.
3. Vi invito ad entrare saggiamente e con profitto nella rete dei nuovi social.
Nulla può sostituire completamente la comunicazione “corpo a corpo”, ne abbiamo capito l’importanza proprio nel periodo del lockdown. Lo dimostra in particolare un’iniziativa nata in un centro residenziale di Castelfranco Veneto che si è moltiplicata nelle strutture assistenziali e di riposo in tutta Italia; si tratta della “stanza degli abbracci” che ha permesso agli ospiti di poter finalmente non solo vedere i propri famigliari, ma di avere con loro un contatto fisico, un abbraccio, una carezza. L’isolamento sociale e la solitudine rappresentano motivo di sofferenza e importanti fattori di rischio specialmente nella popolazione anziana e non solo.
In un’intervista, Elisabetta Barbato, direttrice del Centro residenziale “Domenico Sartor”, ha dichiarato che il contatto, le carezze, la tenerezza hanno dei veri e propri poteri terapeutici:
Il contatto è una buona medicina contro molte patologie legate all’età e per loro è vicinanza, è calore, sentono protezione e accudimento. Gli ospiti hanno sviluppato di nuovo un pensiero positivo e hanno migliorato il tono dell’umore non appena hanno ricevuto le carezze. Una vera e propria manifestazione d’amore, di affetto e di supporto anche per gli ospiti che hanno problemi di comunicazione perché l’abbraccio è comunicazione non verbale, parla da solo, è quella luce che ha allontanato il buio portato dall’isolamento[10].
Ma nello stesso tempo abbiamo scoperto l’importanza della comunicazione attraverso la rete dei social. Sono stati utilizzati anche dalle generazioni che non si definiscono nativi digitali. Grazie a questi nuovi mezzi stiamo superando molte delle difficoltà nella comunicazione causate dalla pandemia; basta pensare alla didattica a distanza (DAD), il lavoro a distanza, il cosiddetto smart working, le video-conferenze, web meetings, e il conforto che reca una videochiamata a chi è costretto a stare lontano dai propri cari. La rete rappresenta una risorsa anche per la Chiesa.
Esperta nella comunicazione, essa è entrata nella rete dei social per comunicare e annunciare il Vangelo, per aiutare a pregare e meditare, per ascoltare la voce di chi non fa notizia ed è emarginato. Ma con la coscienza che non possono sostituire la partecipazione alla vita sacramentale, perché i sacramenti sono segni sensibili, corporei e vanno celebrati e vissuti in presenza.
Anche se la celebrazione eucaristica viene trasmessa in streaming non sostituisce la partecipazione, ma aiuta la preparazione alla celebrazione in presenza oppure può essere di conforto a chi è impedito per giusta causa a recarsi in chiesa e prepararlo ricevere la comunione eucaristica a casa. Ma non si possono nascondere anche i rischi che minacciano la ricerca e la condivisione di una informazione autentica su scala globale: «Se internet rappresenta una possibilità straordinaria di accesso al sapere, è vero anche che si è rivelato come uno dei luoghi più esposti alla disinformazione e alla distorsione consapevole e mirata dei fatti e delle relazioni interpersonali, che spesso assumono la forma del discredito»[11].
È altresì evidente che la social network community non è sempre sinonimo di comunità.
Spesso l’aggregazione avviene intorno a interessi caratterizzati da legami deboli: e così la rete assume i connotati della ragnatela dove si resta intrappolati. Ma gli aspetti negativi non sono insiti alle nuove tecnologie ma all’uso o all’abuso di chi li manipola o se ne serve fino a divenire un pericolo, specialmente per i più fragili. Pensiamo alla pericolosità del bullismo via internet o agli agguati di influencer spregiudicati e criminali.
Invito in particolar modo i genitori e le agenzie educative a proteggere i più piccoli attraverso una sapiente vigilanza e una puntuale informazione.
Esercizi concreti di sinodalità.
Una buona comunicazione efficace è essenziale per realizzare al meglio le attività pastorali e, naturalmente, per farle conoscere.
La Parola di Dio va annunciata con parole efficaci, per questo una buona comunicazione è alla base di ogni pastorale.
La sfida della Chiesa di oggi consiste nel cominciare a essere meno “comunità virtuale” e più “social network”, meno asettico strumento di trasmissione e più luogo di incontro.
Ecco alcune proposte che a partire da questa Quaresima possono essere avviate nelle nostre Comunità parrocchiali come esercizio concreto di sinodalità:
- Redazione di un bollettino (Foglio di collegamento) parrocchiale o interparrocchiale, da stampare settimanalmente e da mettere a disposizione all’ingresso della Chiesa, magari costituendo un comitato di redazione;
- Apertura di social media della parrocchia (pagina Facebook, profilo Instagram, account Twitter, canale YouTube), per coinvolgere sempre più persone nelle attività promosse dalla parrocchia, magari affidando la gestione ad un giovane;
- Avviamento di un blog, strumento moderno ed efficiente in grado di comunicare al meglio con le varie Comunità attraverso internet, magari facendo in modo che più Comunità parrocchiali entrino in relazione e possano confrontarsi sull’azione pastorale svolta nella propria parrocchia;
- Offrire il proprio contributo al Sinodo diocesano (sinodo@diocesidicefalu.org), manifestando il proprio pensiero oppure avanzando percorsi di discernimento;
- Organizzazione di una conferenza o webinar sul tema: “I rischi della cattiva comunicazione” (“I rischi dei social network: i consigli per difendersi”; “I pericoli della rete e dei social network”), magari con il supporto del Servizio Pastorale Comunicazioni Sociali;
- Istituzione di una nuova figura pastorale: “L’animatore della comunicazione e della cultura”, il cui compito sarà quello di aiutare il parroco ad inquadrare meglio il suo operato nel nuovo contesto socio-culturale dominato dai media e di ideare nuovi itinerari pastorali nell’ambito della comunicazione e della cultura.
4. La sinodalità profezia di fraternità.
Noi non crediamo in un Dio solitario e lontano dalla compagnia degli uomini, ma in un solo Dio che è Comunione trinitaria, un Dio Amore. Un Dio che ha scelto di essere “Dio con noi” nell’incarnazione del Figlio.
La fraternità umana non è estranea a Dio dal momento che con l’Ascensione del Cristo risorto anche la nostra umanità, assunta dal Figlio, siede alla destra di Dio Padre. Dio non ci ha creati come individui, ma come persone, cioè relazionati, non individuabili senza l’altro, così come Dio Padre non è senza il Figlio e lo Spirito Santo.
La separazione inflitta o volontaria da tutti gli altri, la rottura delle relazioni, l’emarginazione e il respingimento dell’altro è una violenza alla nostra natura e alla nostra identità. La pandemia ci ha fatto comprendere come siamo tutti interconnessi e non ci si salva da soli ma con gli altri.
Papa Francesco nel discorso per il 50° del Sinodo, afferma che:
Una Chiesa sinodale è come vessillo innalzato tra le nazioni (cfr. Is 11,12) in un mondo che – pur invocando partecipazione, solidarietà e trasparenza nell'amministrazione della cosa pubblica – consegna spesso il destino di intere popolazioni nelle mani avide di ristretti gruppi di potere. Come Chiesa che “cammina insieme” agli uomini, partecipe dei travagli della storia, coltiviamo il sogno che la riscoperta della dignità inviolabile dei popoli e della funzione di servizio dell'autorità potranno aiutare anche la società civile a edificarsi nella giustizia e nella fraternità, generando un mondo più bello e più degno dell'uomo per le generazioni che verranno dopo di noi[12].
Esercizi concreti di sinodalità.
Ripropongo le iniziative della nostra Caritas diocesana, proposte nel Sussidio Formativo per bambini, ragazzi e famiglie del Tempo di Quaresima “Li amò fino alla fine”, all’interno della sezione denominata “Quaresima di Carità”.
Adozione “in vicinanza”.
Ero un bambino… ero un forestiero… ero un ammalato… ero un disoccupato in cerca di lavoro… ero in fila per pagare la bolletta… ero uno studente in dad… ero mamma sui fornelli… e tu mi hai fatto spazio nel tuo cuore per me e la mia famiglia.
Mi faccio carità e sostengo l’adozione in vicinanza per un anno, magari pensando agli amici ospiti nella “Casa del Mandarlo” e nella “Casa Cesare”.
“Obala richiama Cefalù”.
Si riprende il nostro progetto interrotto dalla pandemia: aiutiamo a costruire il tetto di una Chiesa e un’aula scolastica per i ragazzi del villaggio di Etaka nella Diocesi di Obala (Camerun): sono necessarie 280 “Tegole” e 120 banchi
La banca del tempo.
Dona il tuo tempo per aiutare bambini e ragazzi per il dopo scuola, nei compiti scolastici, nella didattica a distanza...
Un dono nel cassetto.
Raccolta di beni di prima necessità per neonati, materiale scolastico e di cancelleria.
La carità non è una sterile prestazione oppure un semplice obolo da devolvere per mettere a tacere la nostra coscienza. Quello che non dobbiamo mai dimenticare è che la carità ha la sua origine e la sua essenza in Dio stesso; la carità è l’abbraccio di Dio nostro Padre ad ogni uomo, in modo particolare agli ultimi e ai sofferenti, i quali occupano nel suo cuore un posto preferenziale.
Auguro a tutti un buon percorso quaresimale per celebrare la Pasqua con “azzimi di sincerità e di verità”, cioè, per usare espressioni care a Don Tonino Bello, con una gran voglia di ricominciare tutto d’accapo, senza tener conto del passato; una smania collettiva di rigenerarsi radicalmente; un traboccamento di entusiasmi vergini in grado di eliminare tutte le croste della decrepitezza antica; un accredito euforico alla buona volontà di imboccare strade diverse; camminare dietro il Signore risorto rinnovati interiormente con un grande desiderio che ci brucia dentro: vivere il Vangelo allo stato puro e con uno stile nuovo, quello sinodale.
[1] Francesco, Fratelli Tutti, 12.
[2] Francesco, Messaggio per la Quaresima 2021.
[3] Francesco, Omelia nella Domenica della Parola di Dio, 24 gennaio 2021.
[4] Paolo VI, Ecclesiam Suam, 67.
[5] Ivi, 83.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
[8] Paolo VI, Ecclesiam Suam, 84.
[9] Ivi, 85.
[10] Intervista di A. Masotti in Vatican News, 26 dicembre 2020.
[11] Francesco, Messaggio per la 53ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 24 gennaio 2019.
[12] Francesco, Commemorazione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015.