Omelia del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
Inaugurazione della Stazione Missionaria Santi Paolo, Aquila e Priscilla
Parrocchia San Paolo Apostolo - Stazione Missionaria
Piano Zucchi, 04 luglio 2021
Carissimi fratelli e sorelle,
saluto tutti voi qui convenuti in questo giorno importante per tutta la Chiesa Cefaludense.
«Venne nella sua patria […] si meravigliava della loro incredulità» (Cfr. Mc 6,1-6): nel Vangelo di Marco troviamo un momento di sosta di Gesù nel suo paese, una statio a Nazareth.
Si realizza anche per Gesù ciò che è successo al profeta Ezechiele: un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua.
Ezechiele viene chiamato da Dio sei anni prima che Gerusalemme fosse devastata e distrutta ed inviato al suo popolo perché li richiami alla conversione. Però è Dio stesso a metterlo in allerta: «Ascoltino o non ascoltino - dal momento che sono una genia di ribelli -, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro» (Cfr. Ez 2,2-5).
La sua missione quindi, per la stessa affermazione di Dio, non sarà facile, poiché lo manda a convertire un popolo testardo e dal cuore indurito, che non accetta nessuna correzione e cammina per la sua strada, deviando da ogni principio morale e religioso. Un bel programma, oseremmo dire, e c'è da chiedersi come Ezechiele l'abbia presa; una cosa però è sicura, c'era la certezza di non essere da solo.
Anche l’apostolo Paolo, il profeta delle genti, si rivolge alla sua comunità di Corinto, lamentandosi per le difficoltà incontrate nella sua missione, che chiama “spina nella carne” (la cui natura non è chiara). È nelle difficoltà che Paolo trova l'aiuto a non montare in superbia e sente che il Signore non gli ha fatto mancare la sua grazia, la sua vicinanza, il suo conforto. Alla sua richiesta d'essere sollevato dalle tribolazioni Dio risponde "Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolezza" e quindi l'apostolo conclude dicendo “quando sono debole, è allora che sono forte”.
Siamo coscienti, carissimi, delle difficoltà che incontra oggi la penetrazione del Vangelo di Cristo nel Paese Italia, nella nostra Patria. E pensare che dalla sua capitale, Roma, il messaggio evangelico è stato diffuso nel mondo intero, che il messaggio del vangelo ha dato forma alla nostra cultura, e che la fede è stata trasmessa dalle famiglie italiane per generazioni, e oggi, purtroppo, si registra la prima generazione incredula.
Lo Spirito del Signore è sopra di me: mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio abbiamo cantato al Vangelo.
E’ così oggi una nuova profezia è in mezzo a noi, ed è rappresentata da questa esperienza missionaria che avrà il suo punto di riferimento in questa parrocchia che da oggi chiamiamo “stazione missionaria Paolo, Aquila e Priscilla” e affidiamo alla cura di un presbitero della nostra Chiesa che per felice coincidenza si chiama Paolo Cassaniti e al servizio di Pastorale Familiare rappresentato dalla coppia di sposi Toti e Rita Sireci.
Il Ministero di Paolo, Toti e Rita sarà un ministero itinerante, come quello dell’Apostolo Paolo: Essi avranno qui, in questa parrocchia, la base, la statio missionaria, ma dovranno rivolgere la loro attenzione e la loro cura alle famiglie di tutta la diocesi.
In cosa consiste la profezia? Consiste nel fatto che per la prima volta una parrocchia non è affidata solo al sacerdote parroco, ma anche a una coppia di sposi. Ad una equipe missionaria sul modello di Paolo, Aquila e Priscilla.
Spesso nel raccontare la storia della diffusione del cristianesimo delle origini facciamo riferimento ai dodici Apostoli, ma dimentichiamo quella rete di discepoli e discepole che collaborarono nella predicazione del Vangelo, tra questi alcune coppie di sposi come Aquila e Priscilla o Andronico e Giulia; questi ultimi Paolo li chiama addirittura Apostoli e furono suoi compagni di prigionia.
Come narra il Libro degli Atti, Paolo conobbe Aquila e la Moglie Priscilla a Corinto, perché profughi, cacciati via da Roma perché giudei. Fu ospite a casa loro, vera domus ecclesiae, e si guadagnò da vivere lavorando con loro nella fabbrica di tende, una fabbrica a conduzione familiare. Paolo, nella lettera ai Romani, li chiama “miei collaboratori in Gesù, infatti lo accompagnarono nella missione in Siria, e si salutarono a Efeso. Per salvargli la vita rischiarono la loro testa. A Efeso, nella Sinagoga, Aquila e Priscilla incontrarono il dotto Apollo; lo istruirono, lo accompagnarono al battesimo e lo avviarono alla vita missionaria. I tre formarono una vera equipe missionaria.
San Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio dichiara che:
La famiglia cristiana è chiamata a prendere parte viva e responsabile alla missione della chiesa in modo proprio e originale […]. Se la famiglia cristiana è comunità, i cui vincoli sono rinnovati da Cristo mediante la fede e i sacramenti, la sua partecipazione alla missione della chiesa deve avvenire secondo una modalità comunitaria: insieme, dunque, i coniugi in quanto coppia, i genitori e i figli in quanto famiglia, devono vivere il loro servizio alla Chiesa e al mondo. Devono essere nella fede “un cuor solo e un’anima sola” mediante il comune spirito apostolico che li anima e la collaborazione che li impegna nelle opere di servizio alla comunità ecclesiale e sociale[1].
La profezia di questa esperienza si caratterizza come missione sinodale, dove chi vive il sacramento del matrimonio e dell’ordine sacro camminano insieme per annunciare il vangelo ed estendere ad altri il dono della comunione.
L'invito quindi che riceviamo dalle letture di oggi è quello di essere non solo testimoni, ma anche profeti, sapendo che abbiamo dei limiti e che incontreremo delle difficoltà, che però, come ogni ostacolo, possono diventare un'opportunità.
La vita cristiana è camminare contro le cose negative, l’invidia, il male e il peccato, ma camminare con serenità perché accanto a noi c'è il Signore. Chi ci dà questa grazia e forza è lo Spirito Santo, con i suoi doni.
[1] Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, 50.