Discorsi e Interventi del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
Discorso introduttivo nell'incontro con i Sindaci e le Autorità del terrorio a seguito degli incendi sulle Madonie
Stazione Missionaria Santi Paolo, Aquila e Priscilla
Piano Zucchi, 11 settembre 2021
Ci sono per noi tutti delle priorità che non sono assolutamente negoziabili. Tra queste vi è quella legata alla custodia del creato che corrisponde e coincide con la custodia della vita e dell’uomo.
La presenza, questa mattina, numerosa e responsabile di noi tutti a questo tavolo di confronto pare ricordarcelo ulteriormente.
Siamo qui, nel cuore del nostro Parco delle Madonie, per riaccendere l’irrevocabile fiamma della denuncia verso quei mostri che hanno distrutto e deturpato una fetta considerevole del ricco patrimonio ecologico di tanti nostri comuni, del nostro territorio. Purtroppo, si tratta quasi sempre di criminali destinati a restare eternamente anonimi. Purtroppo, si tratta di una lista che di anno in anno cresce.
Ogni anno lo shock estivo degli incendi non conosce battute d’arresto. Questo tutti lo sappiamo bene. Ci sembra di trovarci di fronte a un crudele copione teatrale con le sue solite e drammatiche battute: giornate afose, scirocco, ore della notte, panico, animali e alberi bruciati, famiglie da evacuare, danni ingenti. Poi lo cestiniamo. Forse, anche per l’incalzare di altre e nuove emergenze. Nelle nostre coscienze, nel nostro agire non si può dare voce o spazio alla tolleranza verso l’intollerabile.
Ma se oggi siamo qui, attorno a questo tavolo sinodale, è per evitare che, dopo lo shock estivo, si vada in letargo. Non possiamo.
L’andare in letargo, anche forzato, significherebbe per tutti noi lasciarci uccidere dai fumi e dagli acidi generati dalle grande nube tossica del pessimismo. Nube che passa sulle nostre teste, anche sulle nostre intelligenze.
Ci troviamo in quest’oasi di pace e di bellezza, per essere storia. Per essere tutti ed insieme “rumore” che rompe ogni silenzio teso a far crescere il male. Anche se, come dice il versetto della canzone di De Gregori “La storia siamo noi”, “è un silenzio duro da raccontare”. È duro raccontare elencare, descrivere le ferite aperte e sanguinanti, causa funesti incendi, della nostra economia locale, delle nostre micro aziende, dei nostri contadini, pastori, delle nostre famiglie. Abbiamo ascoltato le grida, raccolto le lacrime di quanti hanno dovuto sospendere improvvisamente le loro attività, in un tempo già di pesante crisi per la pandemia. L’economia locale ha visto a cascata le sue ceneri. È duro parlare di cattiva gestione del sistema di prevenzione, osservazione, protezione, custodia…
Siamo qui perché in cerca, anche come Autorità locali, di risposte coordinate e forti. Per trovare e adottare quelle misure specifiche capaci di porre fine su persone, imprese e comunità a tali orrende tragedie. Per trovare in modo sinodale e solidale le possibili vie da percorrere, come cittadini e come cristiani, per partecipare alla costruzione sempre più urgente e qualificata di un’etica di solidarietà ambientale. Quest’ultima non nasce mai da improvvisazioni “miracolistiche” generate dall’emergenza.
La salvaguardia e la custodia della terra è una sfida del nostro tempo, legata al collasso costante di tutta la costellazione dei valori che ruota attorno al bene comune. In quest’era digitale abbiamo raggiunto traguardi impensabili. Parliamo da tempo di intelligenza artificiale. Sappiamo generare energie pulite, fare diagnosi; curare malattie prima anche letali, ma al tempo stesso non vogliamo o non riusciamo a tracciare percorsi che favoriscano la partecipazione attiva di ogni cittadino alla difesa di ogni valore che ruota attorno al bene comune. Il creato è “la casa comune”, e, pertanto, anche “un bene comune”.
Il nostro servizio, come agenzie educative sia quello di fare in modo che la categoria del bene comune stia al centro e governi anche la giustizia socio-ambientale. Ad essa vi si accede con l’educare e l’educarci vicendevolmente alla responsabilizzazione personale e collettiva, locale e globale della custodia di tutto il nostro patrimonio ecologico e ambientale. Accogliamola come una chiamata che non si rivolge soltanto ai politici, ai prelati, a quanti lavorano in prima fila nelle diverse istituzioni, ai tanti volontari delle associazioni legate al “discepolato verde”, essa deve estendersi a tutti i cittadini; ciascuno, secondo le proprie possibilità reali deve collaborare attivamente alla salvaguardia del creato. Di fronte alla vocazione comune dell’essere custodi della terra e del creato non c’è spazio per “il privatismo cittadino”, per interessi particolari, per alleanze vantaggiose, per possibili tatticismi elettorali.
“Facciamo Rete”: nel proteggere tutto l’ambiente che ci circonda da distruzioni ingiustificate e aberranti. Possibilmente il nostro impegno, la nostra opera non sarà apprezzata da tanti, magari dovremo anche affrontare resistenze inaspettate. La solidarietà ambientale da alcuni è stata definita anche profetica. Essa trasforma i cuori e le coscienze, converte alla vita, alla piena valorizzazione della bellezza della vita.
Si parla, attingendo alle indicazioni contenute nell’Enciclica Laudato si di Papa Francesco, di cura profetica della terra. Siamo di fronte ad una vera e propria forma di solidarietà intergenerazionale: la terra e tutta l’opera della creazione che abbiamo ricevuto in dono da Dio, non appartiene solo a noi, ma anche a coloro che verranno dopo di noi, ai nostri figli, ai figli dei nostri figli.