Omelia del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
XXVII Giornata Mondiale del Malato
Basilica Cattedrale
Cefalù, 12 febbraio 2019
Carissimi,
oggi in tutto il mondo si celebra la XXVII Giornata Mondiale del Malato: una giornata dedicata alla vita.
Preghiamo perché tutti i nostri fratelli malati abbiamo vita nel Signore.
Ci colleghiamo con il Santo Padre Francesco che per questa Giornata ha voluto regalarci il suo messaggio intitolato: "Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10, 8) La cura dei malati - scrive il Papa - oltre che di professionalità ha bisogno di tenerezza. È una parola che affiora spesso sulle labbra del Papa.
La tenerezza significa la gratuità dei gesti, tra i quali il Papa privilegia la carezza.
Nel mio messaggio di saluto alla Diocesi di Cefalù, ho dedicato il mio primo saluto a tutti i fratelli ammalati della Diocesi, chiedendo ai medici e al personale sanitario a servizio dei malati di dare a ciascuno di loro una carezza.
Il Papa spiega tale gesto osservando che dare una carezza significa far sentire all’altro che è caro. È come dire all’atro: "tu mi sei caro". Il Papa affronta quindi il tema del dono. Ogni vita, specialmente la vita degli ammalati, ci sta a cuore, innanzitutto perché la vita è dono di Dio. Come dice l’Apostolo Paolo: «Che cosa possiedi che tu non l’abbia ricevuto?» (1Cor 4,7).
Da cosa si capisce che la vita umana è un dono? Dal fatto che nessuno di noi si può dare la vita. La vita dipende sempre da un altro. Io oggi non sarei qui a parlare a voi se mio padre e mia madre mi avessero dato la vita. E non mi hanno chiesto il permesso per mettermi al mondo. Questo significa che la vita mi è stata consegnata: è un dono. E se risaliamo all’origine della vita troviamo Dio, autore della vita. La vita non è mia proprietà, non è un mio possesso, per cui non posso disporne come voglio. Non posso manipolarla, devo solo accettarla, custodirla e svilupparla.
Chi si dedica alle persone ammalate non fa altro che affermare che la vita è un dono prezioso bisognosa di cure. Ma occorre osservare un altro aspetto il gesto del donare. Il donare non s’identifica con l’azione del regalare qualcosa; donare significa dare se stessi, fare della propria vita un dono. Il servizio agli ammalati è un servizio in tu ti doni. Tu non dai qualcosa, doni te stesso agli altri.
La Giornata di oggi è collegata alla figura di Santa Teresa di Calcutta, donna del dono, della gratuità. Ha fatto della sua vita un dono per gli altri, ha consegnato la sua vita nelle mani degli altri.
È qui il senso vero della sua santità e della vocazione della sua vita; dono prezioso per l’umanità che si è fatto dono all’umanità. Tutti dobbiamo vivere la vita come dono, ma nello stesso tempo, essa è un dono da consegnare agli altri.
Oggi questa carezza di Dio per i nostri ammalati si fa concreta attraverso il segno sacramentale dell’unzione degli infermi.
Gesù passava le sue giornate non solo pregando, insegnando ma toccando gli infermi; accarezzando gli ammalati. E molti di questi ricevevano dalla sua carezza la salvezza.
Questa sera, Gesù passa in mezzo a noi. Il sacramento che noi riceviamo è il passaggio di Gesù in mezzo a noi. E mentre Gesù passa imponendovi le mani sul capo e ungendovi con il sacro olio, Gesù vi offre il suo dono d’ amore.
Accogliamo quindi questo sacramento con la viva coscienza che non i sani, ma i malati hanno bisogno del medico. Il Signore Gesù è venuto per noi peccatori. Il Signore ci salva perché siamo peccatori e abbiamo bisogno della tenerezza di Dio. Abbiamo bisogno del suo amore: solo il suo amore ci può salvare.
Accogliamo dunque con questi sentimenti di umiltà il dono del sacramento degli infermi: "Signore io nono sono degno, ma per il tuo sacrificio, la tua passione, morte e resurrezione, io sono lavato. Toccami Signore, dì soltanto una parola e io sarò guarito".