Omelia di S.E.R. Mons. Emil Paul Tscherrig
Arcivescovo titolare di Voli
Nunzio Apostolico in Italia e nella Repubblica di San Marino
Basilica Cattedrale
Cefalù, sabato 22 giugno 2019
Eccellenza Reverendissima, Mons. Giuseppe Marciante, Vescovo di Cefalù,fratelli sacerdoti e diaconi, religiose, sorelle e fratelli in Cristo, è per me una profonda gioia celebrare con voi, membri di questa Chiesa in Cefalù, la solennità del Corpus Domini.
Vi saluto in nome del Santo Padre Francesco che ho il privilegio di rappresentare nella vostra cara patria, il quale vi invia la sua benedizione Apostolica come segno di vicinanza ed intima comunione in Cristo risorto. invito tutta la Comunità a pregare per il Papa, la Chiesa, le nostre famiglie e i nostri cari a Cristo Sacramento che ha fatto di noi una cosa sola nel Sacrificio del suo Corpo e nel suo Sangue.
E’ significativo che celebriamo questa festa nella Basilica Cattedrale, centro visibile della vostra comunione nella persona del Vescovo e luogo della presenza reale del Signore nell’Eucaristia di cui parlano i sacri testi dell’odierna liturgia. Nella prima lettura, tratta dal Libro della Genesi (Gn 14,18-20) incontriamo un misterioso personaggio che si chiama Melchisedek, re e sacerdote di Salem. Dopo la vittoria di Abramo sui suoi nemici, Melchisedek offre pane e vino a Dio altissimo, creatore del cielo e della terra, e benedice Abramo nel nome dello stesso Dio che ha messo nelle sue mani i nemici. Seguendo gli antichi costumi, si aspetterebbe che Melchisedek scelga un animale come sacrificio di ringraziamento per la vittoria di Abramo, ma egli offre pane e vino e poi sparisce. Non si è più sentito parlare di lui, ma il suo ricordo è rimasto. Il Salmo 110,4 prevede che il Messia "sarà sacerdote per sempre al modo di Melchisedek". Più tardi, la Lettera agli Ebrei riprenderà questo oracolo e vede in questo personaggio enigmatico la figura di Cristo.
Nel Vangelo di oggi (Lc 9,11b-17) incontriamo Gesù il Messia in una regione deserta, dove la folla accorsa per ascoltarlo non ha niente da mangiare. Egli interviene e, dopo aver pregato, benedice il pane ed il pesce, li spezza e li passa ai discepoli per distribuirli alla folla. Questo miracolo della moltiplicazione del pane diventa un gesto profetico che punta all’Eucaristia nella quale Gesù morto e risorto darà se stesso a coloro che crederanno in Lui. Così ogni volta che celebriamo l’Eucaristia si ripete il miracolo della moltiplicazione del pane.
Non si tratta più del pane che nutre il nostro corpo mortale, ma di quello che è nostro nutrimento per la vita eterna. Ogni volta che il sacerdote in nome di Cristo pronuncia le parole di consacrazione sul pane e sul vino, lo Spirito Santo li trasforma in Corpo e Sangue di Cristo.
Nel pane e nel vino che offriamo al Padre celeste insieme con Cristo ci troviamo anche noi, perché il pane non è soltanto frutto della terra, ma anche il prodotto del nostro lavoro ossia una parte di noi stessi. In questo pane che alziamo ad onore e gloria del Padre si trova l’energia che consumiamo nel lavoro per il bene dei figli e della famiglia, sono concentrate le pene e le sofferenze di ogni giorno, le nostre lacrime e le nostre gioie. Insieme con Cristo diventiamo sacrificio di ringraziamento a lode e gloria di Dio Padre e così, nell’immensa dignità di questo sacrificio, culmina la preghiera della Chiesa pellegrina nel mondo. Nella seconda Lettura di oggi, San Paolo ci ha trasmesso il più antico testo che possediamo sull’istituzione dell’Eucaristia. Egli ricorda alla giovane Chiesa di Corinto che "Il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: ’Questo calice è la Nuova Alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me’". Nel citare queste parole, San Paolo sottolinea che non si tratta di una sua invenzione, ma che e ha ricevute dal Signore con una doppia missione e cioè di far memoria e di annunciare, per mezzo della celebrazione eucaristica, "la morte del Signore, finché egli venga" (1Cor 11,23-26).
Pertanto nell’Eucaristia si concentra la missione della Chiesa, cioè far memoria della morte e risurrezione del Signore e annunciare questa opera di salvezza a tutti i popoli. Far memoria è una parola che il Santo Padre Francesco usa spesso. Come "nonno" chiede di far memoria degli antenati, di coloro che ci hanno trasmesso la fede e ci hanno dato un’identità. San Paolo ammonisce il suo amico Timoteo: "Figlio mio ricordati di Gesù Cristo" (Tim 2,8-15). Andare indietro nella memoria è un invito per incontrare Cristo che è presente nella Bibbia. Non per dire che i tempi passati erano migliori, ma semplicemente per trovare forza e andare avanti. Così fare memoria ci conduce alle nostre radici, ci aiuta a comprendere e vivere meglio il presente e ci spinge a guardare il futuro con speranza.
Noi crediamo che la presenza di Cristo nell’Eucaristia è reale per indicare che Egli è realmente presente nelle specie del pane e del vino: infatti nel pane riceviamo il suo Corpo e nel vino il suo Sangue. Nelle Specie eucaristiche Egli per amore si dà continuamente a noi, per sostenerci nel nostro cammino e rinforzare in noi la vita eterna che è comunione con la Santissima Trinità. Ma mentre nell’Eucaristia facciamo memoria di Cristo, Lui si ricorda in modo particolare anche di ciascuno di noi così come siamo, nella nostra fragilità, nelle nostre gioie e preoccupazioni. A tal proposito, Papa Francesco ha detto che nel ricordarsi di noi, il Signore "ritorna con il cuore a noi, perché Gli stiamo a cuore. E mentre quaggiù troppe cose di dimenticano in fretta, Dio non ci lascia nel dimenticano. Nessuno è disprezzabile ai Suoi occhi, ciascuno ha per Lui un valore infinito" (Francesco, Omelia a Camerino, 16.06.2019).
La seconda parte della missione che è intimamente connessa all’Eucaristia è l’annuncio della Parola di Dio o l’evangelizzazione. Chi riceve il Signore nel pane e nel vino, diventa "Cristoforo", cioè colui che porta Dio in sé ed è spinto a trasmettere questo gioioso dono a tutti. Come cristiani molte volte non sentiamo e viviamo più la grande gioa che dovrebbe colmarci quando pensiamo che siamo tempio di Dio; figlie e figli di Dio. Ma è questa la gioia e l’immenso bene che dobbiamo comunicare agli altri, affinché tutti insieme possiamo ereditare il dono della vita eterna.
Papa Francesco ci ricorda della "Dolce e confortante gioia di evangelizzare" che consiste nella trasmissione della Buona Novella. Perché, secondo il Papa, cercare il bene dell’altro è una necessità per chi "desidera vivere con dignità e pienezza" (EG, 9). Con altre parole, la felicità consiste nel dare e "La vita si rafforza donandola e s’indebolisce nell’isolamento e nell’agio" (Ibidem). Perciò "Quando la Chiesa chiama all’impegno evangelizzatore, non fa altro che indicare ai cristiani il vero dinamismo della realizzazione personale" (Ibidem). Ambedue, la commemorazione e l’annunzio, trovano la loro forza di ispirazione nel sacramento dell’Eucaristia. Così si può dire che la Chiesa viene dal’Eucaristia e cresce attraverso l’Eucaristia. Come battezzati siamo chiamati ad annunciare il Regno di Dio a tutti, ma Colui che lo fa crescere è Dio stesso. Quando ero in missione nei Caraibi e poi nei cinque Paesi Nordici, ho incontrato molti fratelli di altre confessioni cristiane che partecipavano alle celebrazioni eucaristiche.
Salutandoli dopo la Santa Messa ho chiesto: "Perché Lei, essendo protestante , viene alla Santa Messa cattolica? - con mia sorpresa, la risposta era sempre la stessa: "Voi cattolici avete un immenso tesoro nell’Eucaristia, ma purtroppo non sapete apprezzare il bene che avete". In un’altra occasione, ho cominciato l’adorazione eucaristica con un gruppo di altri cristiani e ricordo con viva emozione che questi fratelli, alla fine del primo incontro con il Signore sacramentato, sono stati talmente commossi che piangevano e si abbracciavano. Purtroppo, poca di questa gioia è rimasta in molti di noi quando veniamo a Messa.
Perciò, cari fratelli e sorelle, oggi vogliamo chiedere in modo speciale che lo Spirito Santo rinnovi in noi questa gioia ogni volta che Lo riceviamo nel sacramento. Egli ci attende sempre pazientemente nel tabernacolo di ogni Chiesa. Il Signore del cielo e della terra, il nostro Dio e Redentore si nasconde nella povera specie del pane. Egli si è fatto tanto piccolo affinché nessuno abbia paura di avvicinarsi a Lui.
Ogni persona, peccatore e giusto è invitata ad andare a visitarlo per farsi guardare da Lui, a svuotare il proprio cuore davanti a Lui e trovare consolazione. Tutti possiamo essere sicuri di essere ascoltati, perché ci ha promesso di stare con noi fino alla fine dei tempi. Ciò che Egli vuole da parte nostra, scrive il Santo Padre, "è credere in Lui, credere che veramente ci ama, che è vivo, che è capace di intervenire misteriosamente, che non ci abbandona, che trae il bene dal male con la sua potenza e con la sua infinita creatività. Significa credere che Egli avanza vittorioso nella storia insieme con quelli che stanno con Lui [...] i chiamati, gli eletti, i fedeli (Ap 17,14)" (EG 278).
Chiediamo a Maria di prenderci per mano per condurci al Figlio perché è stata Lei, la Vergine Madre di Dio, che, mossa dallo Spirito, ha accolto il Verbo della vita nella profondità della sua umile fede, totalmente donata all’Eterno. Aiutaci, Maria, a dire il nostro ,sì, nell’urgenza, più imperiosa che mai, di far risuonare la Buona Notizia di Gesù (cfr. EG, 288). Così sia. Amen. Alleluia.