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Omelie del Vescovo (01.09.2019)

09/09/2019 13:16:00

Segreteria Vescovile

#Omelie del Vescovo,

Omelie del Vescovo (01.09.2019)

Maria Santissima di Gibilmanna

Omelia del Vescovo di Cefalù

S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante

 

Maria Santissima di Gibilmanna

 

Santuario Maria Santissima di Gibilmanna

Gibilmanna, 01 settembre 2019

 

 

Carissimi fratelli e sorelle, 

vi saluto con affetto e sono felice di vedervi qui numerosi nonostante la pioggia.

Rivolgo un caro saluto alla Comunità di Gratteri e in modo speciale al Sindaco, l’Avv. Giuseppe Muffoletto che accenderà la lampada votiva alimentata dall’olio offerto dal Popolo di Gratteri. E proprio a tal proposito mi piace sottolineare l’intimo legame che esiste tra Gratteri e Gibilmanna; un legame cha affonda le sue radici nel lontano giorno di Pasqua del 1534. Durante una tempesta di mare, un’imbarcazione che trasportava una statua raffigurante una Madonna con il Bambino, trovò riparo nel borgo medievale del Castello di Roccella. Pare che la Madonna, apparsa in sogno ad un frate cappuccino che viveva a Gibilmanna, lo abbia invitato ad andare a prendere una delle statue approdate, precisamente quella avvolta con una coperta di lana, per condurla alla loro chiesetta. La statua venne caricata su un carro trainato da buoi, che lasciati in libertà, dopo giorni di viaggio si fermarono nel promontorio che sovrasta Cefalù, dove sorgerà l’attuale Santuario di Maria Santissima di Gibilmanna.

Nel 1535 Padre Sebastiano Majo da Gratteri, uno dei primi seguaci della riforma cappuccina (1528), si stabilì a Gibilmanna, ottenendo in tal modo la facoltà di rifondare la chiesa ed il convento. Venne costruito accanto alla vecchia cappella benedettina un primo edificio conventuale, con solo sei piccole celle costruite rozzamente. Nel 1576 Padre Sebastiano durante la celebrazione della Messa, nell’antica chiesetta, ebbe una apparizione di Gesù, che lo invitò a dipingerlo così come lo vedeva. Padre Sebastiano, rimediando i colori dalle piante pestate presenti nel territorio dipinse un quadro, il bellissimo Ecce Homo, attualmente esposto nel Santuario.

La festa della Madonna di Gibilmanna coincide dal 1989 con la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato istituita dal Patriarca Dimitrios I nel 1989 per gli Ortodossi e fatta propria da Papa Francesco nel 2015, secondo un’attenzione ecologica ed ecumenica insieme. Oggi prende infatti il via anche «Tempo del Creato», iniziativa condivisa dalla Comunione Anglicana, dalla Federazione Mondiale Luterana, dal Consiglio mondiale delle Chiese e dall’Alleanza evangelica mondiale e dalla Chiesa Cattolica.

Si tratta di un mese di «preghiera e di azione» per il Creato che terminerà il 4 ottobre, festa di San Francesco d’Assisi. Il tema per il tempo del Creato è "La rete della vita" e rispecchia sia il ruolo degli uomini di custodi del creato sia l’urgente necessità di proteggere il ricco affresco di biodiversità che il Creatore ha tessuto.

La perdita delle specie sta accelerando, un recente rapporto delle Nazioni Unite stima che l’odierno stile di vita minaccia di estinzione un milione di specie. Questo significa circa un nono di tutte le specie sulla Terra. Oggi in tutta la Chiesa Italiana si celebra la Giornata Nazionale per la custodia del Creato. La sede scelta per questo evento è la Diocesi di Cefalù nella quale verrà prolungato fino a domenica prossima 8 settembre: "Quante sono le tue opere Signore (Sal 104,24). Coltivare la biodiversità" è il titolo dato dalla Cei alla giornata. Riflettiamo ora sul Vangelo che abbiamo appena ascoltato (cfr. Gv 2,1-12.): protagonista nel miracolo delle nozze di Cana è proprio il vino, frutto della vite. Se fino a qualche tempo fa la biodiversità era un aspetto trascurato, ad oggi è sempre più diffusa la convinzione che si tratti di un fattore fondamentale nella valutazione della sostenibilità delle produzioni viticole.

Gli esperti hanno quindi analizzato le lavorazioni e i prodotti utilizzati nel settore allo scopo di individuare quelli più compatibili con il mantenimento di un buon livello di biodiversità. Vogliamo cogliere attraverso il miracolo di Cana il valore cristiano del vino che ha il carattere gioioso della festa, ma anche il carattere drammatico del sangue. Maria è invitata ad una festa di nozze e porta con sé Gesù, seguito dai suoi discepoli.

Gesù non disdegna i conviti e le feste, senza paura di frequentarvi anche persone malviste dai benpensanti. Alcuni giungono a disprezzarlo come "bevitore di vino" e amico dei peccatori, ma lui, uomo libero, uomo "nuovo", non teme il rischio della critica superficiale e continua la ricerca di ognuno, non per abbandonarsi al circolo vizioso della trasgressione, ma per coinvolgere tutti nel circolo virtuoso della saggezza, ricordando come la Sapienza che viene da Dio esprima proprio nel vino della festa il suo carattere di gioia per chiunque se ne disseta. Maria si accorge della mancanza del vino: "non hanno vino". Alla celebrazione delle nozze ebraiche la presenza del vino è essenziale per la ricchezza di segni che porta, in modo particolare è segno della benedizione di Dio. Ma la sovrabbondanza del vino è segno dell’arrivo dei tempi messianici.

Gesù ha usato spesso il tema della vite, del vino, dei vignaiuoli per annunciare l’avvento del Regno di Dio. Egli paragona la sua predicazione al vino nuovo, che non si versa in otri vecchi: il suo vangelo può essere accolto solo da chi si è lasciato rinnovare interiormente con una conversione sincera del cuore: "vino nuovo in otri nuovi" (cfr. Lc 5,33-39).

L’espressione di Maria, la Madre di Gesù: «Fate quello che vi dirà» possiamo interpretarla così "fatevi otri nuovi perché il vino nuovo, che è mio Figlio, è arrivato" e ancora "bevete la sua parola nell’obbedienza, gusterete la Sapienza, e il vostro cuore sentirà la pienezza della gioia". Chi conosce l’insegnamento della Bibbia sul vino non trova meraviglia che Gesù abbia compiuto il suo primo miracolo durante un convito e proprio in una festa di nozze, affidando al "vino migliore", il "segno" per rivelare la sua gloria e invitare i discepoli alla fede. 

Nella persona di Gesù la natura divina si sposa con la natura umana, Dio si congiunge con il suo popolo per un’alleanza eterna e indissolubile: la gioia per l’abbondanza del vino nuovo e migliore si apre alla gioia ancora più grande per la conoscenza della gloria del Signore presente in mezzo ai suoi. Chi ha incontrato il si slancia nel giubilo col vino della festa. Ma esiste il segno drammatico del vino come sangue: San Paolo ci tramanda il racconto dell’ultima cena: «Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me".

Ogni volta, infatti, che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore, finché egli venga» (1Cor 11,23-26). Spostiamoci, accompagnati dalla Madre, sotto la croce sul Calvario. Giunti a un luogo detto Golgota, che significa "luogo del cranio", gli diedero da bere vino mescolato con fiele. Egli lo assaggiò, ma non ne volle bere. Al condannato crocifisso veniva offerta una bevanda drogata per stordirlo e farlo soffrire di meno. Gesù comprende bene il gesto, ma rifiuta di bere.

Per lui, uomo nuovo, il vino è il segno della gioia, come nella festa di nozze a Cana; per lui, Figlio di Dio venuto tra gli uomini, il vino è il segno dell’amicizia e dell’accoglienza, come quando accetta di bere con tutti, specialmente con i più emarginati; per lui, mandato a rimettere i peccati, il vino non è e non poteva diventare il segno dell’evasione, nemmeno per sottrarsi allo strazio disumano che la morte in croce comporta. Anche nel dolore più estremo Gesù vuol rimanere lucido, non gli manca la forza per sostenere la prova fino in fondo. Primogenito di molti fratelli, solidale con l’umanità intera, si pone accanto a coloro che rifiutano l’ebbrezza, a coloro che nel dolore non perdono la speranza e affrontano la prova con dignità e con coraggio. In qualunque momento della vita ognuno può guardare a Gesù per avere in lui un esempio nitido e trovare da lui un aiuto sicuro. Chi affronta la prova con lui, sperimenterà anche la sua gloria.

Chi sa tenersi sobrio e vigile nel momento difficile dell’attesa, non sarà assopito al momento gioioso della sua festa. L’uso più bello che un cristiano può fare del vino è portarlo sull’altare e offrirlo a Dio: «Benedetto sei tu Signore, Dio dell’universo. Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo vino, frutto della vite e del nostro lavoro, lo presentiamo a te perché diventi per noi bevanda di salvezza».

Poco dopo sullo stesso altare si invoca l’effusione dello Spirito Santo e quel vino diventa il Sangue di Cristo.

È il miracolo quotidiano della Chiesa, il più frequente e il più sublime, "fonte e culmine" di tutta la vita cristiana. Senza questo segno i cristiani non sarebbero più tali; la Chiesa non sarebbe più il "Corpo del Signore". Ricevendolo in comunione, i Cristiani fanno memoria del loro Signore, ricordano la sua Cena, vivono l’attualità perenne del suo sacrificio sulla croce, lo accolgono risorto e vivo, presente in mezzo ai suoi.

Ogni domenica e ogni giorno, sopra ogni altare lo Spirito Santo consacra il pane nel Corpo di Cristo e il vino nel suo Sangue sparso per tutti in remissione dei peccati. I cristiani sanno che il vino non deve mai diventare per loro un’occasione per mescolarsi a chi fa il male e si ubriaca. Quante vite distrutte a causa dell’abuso di alcool! Quanti morti a causa della guida in stato di ebbrezza! Il vero motivo della festa per i cristiani non è più il vino usuale, ma il Corpo e il sangue del Signore. In questo sacramento essi trovano il vigore per il proprio spirito e il farmaco che guarisce le ferite dell’anima.

L’augurio è che nessuno manchi alla festa: se il vino è dato da Dio per rallegrare il cuore dell’uomo, l’allegrezza più grande è il giubilo dell’alleluia cantato nel "sacro convito in cui si beve Cristo, si fa memoria della sua passione, si è colmati della grazia divina, e ci viene data la caparra della gloria eterna"!     

Indirizzo di benvenuto del 

Rev.do P. Salvatore Vacca O.F.M. Capp.

Guardiano del Santuario di Gibilmanna

 

Il Signore ci dia pace!  

Questo luogo di bellezza è come un pegno, una prefigurazione del Paradiso, del luogo altro di cui abbiamo sentito molto parlare, ma che stentiamo troppo a raffigurarci.

Gibilmanna è un lembo di Paradiso, Maria è la terra fatta cielo, la tota pulchra. Maria è il visibile che riflette l’invisibile; è il frammento che ci rivela il tutto.

Qui, nel Santuario di Maria Santissima di Gibilmanna, il miracolo è narrato, è atteso, è creduto sempre. Chi viene da lontano liberamente può a lungo guardare la dolce Madre di Dio e nostra per la quale ha affrontato la fatica di un viaggio. Ringraziamo il nostro Vescovo, Mons. Giuseppe Marciante, per il dono inestimabile della sua carismatica presenza che ci santifica con la presidenza dell’Eucaristia e con la condivisione della mensa della Parola. La sua presenza ci eleva all’altezza dello sguardo di Dio su di noi, guidandoci verso di Lui.

Dio è il futuro per noi. Ringraziamo altresì Mons. Vescovo Giuseppe perché con le sue scelte pastorali ci sta aiutando a salire al "piano superiore". Egli è un Pastore che, dotato di coraggio e di pazienza, come fiducioso seminatore di speranza sul terreno umano della nostra diocesi, ci sprona a non accontentarci delle misure basse per entrare nell’ampiezza dell’orizzonte di Dio; per noi sta avviando processi di rinnovamento e indicando nuovi cammini di evangelizzazione.  Mons. Vescovo sta aprendo dialoghi, indica percorsi che non possono assolutamente chiudersi subito, non trae conseguenze affrettate, lascia spazio al tempo, al dibattito e al confronto. Ringraziamo la buona gente della città di Gratteri per la sua presenza e per quanto ha voluto condividere con i nostri fratelli e signori Ospiti della Casa di Accoglienza "Maria Santissima di Gibilmanna", per l’olio che serve ad alimentare le lampade che ardono durante l’anno davanti all’immagine della Gran Signura e per l’offerta di € 1.895,00 che verrà presto impiegata per il ripristino degli intonaci del prospetto del Santuario. Lo Spirito Santo si è servito dell’opportuna, illuminata e salutare iniziativa dell’Avv. Giuseppe Muffoletto che, in qualità di primo cittadino dell’antica e nobile città di Gratteri, ha espresso il desiderio di presenziare a questa Festa della Madonna di Gibilmanna. Si tratta di un desiderio che è stato prontamente accolto da noi frati e fermamente condiviso da don Francesco Richiusa, allora parroco di Gratteri. 

Questo progetto è stato poi portato avanti dallo stesso Sindaco e dall’attuale amministratore parrocchiale, il nostro fr. Mario Domina.  La presenza del ministro provinciale dei cappuccini di Messina, fr. Luigi Saladdino, ci mette in comunione di ideale con l’Ordine sparso in tutto il mondo.   Ringraziamo ognuno di voi qui presente per la vivace partecipazione e vivo senso ecclesiale.

Il ringraziamento si estende altresì ai signori sindaci qui presenti: il Sindaco della città di Cefalù, Rosario Lapunzina, in rappresentanza del Comune di Gangi, l’Assessore Angela Seminara, e al Sindaco di Castellana Sicula, Francesco Calderaro. 

Egli e il parroco della stessa città, don Francesco Richiusa, ricorrendo l’anno prossimo il centenario della fondazione della loro parrocchia, quali interpreti del sentire della Comunità civile ed ecclesiale di Castella Sicula, desiderano, attraverso l’intercessione della Madonna di Gibilmanna, ringraziare il Signore e celebrare la fausta ricorrenza giubilare, presenziando a questa Festa. Un sentito grazie ai membri del Comitato di Gangi per la Festa della Madonna e al gruppo dei nostri volontari, che con molto entusiasmo, disponibilità e vera gratuità, collabora e aiuta non solo oggi, ma anche durante il corso dell’anno, per la riuscita delle diverse iniziative cultuali, culturali e caritative promosse dai frati minori cappuccini del Santuario. Del Comitato di Gangi vogliamo ricordare alla misericordia di Dio i membri Epifanio Giunta e Antonio Nasello che ci hanno recentemente lasciati; vogliamo inoltre affidare alla Madonna di Gibilmanna Santo Bevacqua perché abbia la salute e possa ritornare a servire la Madonna Gibilmanna, come ha sempre fatto in occasione della Festa.  Gratteri torna a Gibilmanna per la terza volta (1974, 1998).

È sempre opportuno e salutare tornare dalla Madonna. La storia propone una miriade di esemplificazioni di incontri e di presenza dei devoti fedeli di Gratteri a Gibilmanna. Da sempre Gibilmanna è stata meta di pellegrinaggio per i devoti di Gratteri: dal lontano Lunedì di Pasqua del 1534, quando la Madonna dell’eremita di Gibilmanna ha attraversato il territorio di Gratteri fino a martedì scorso, 27 agosto, con il pellegrinaggio parrocchiale. Nel corso dei secoli la tradizione culturale e la pietà popolare dei Gratteresi registrano a Gibilmanna una continuità e discontinuità storica, una omogeneità e diversità di proiezioni mariane. Questa storia gloriosa deve essere sempre narrata, recuperata e giammai può essere cancellata. Essa è testimonianza viva dell’identità, della vita, della cultura, e della viva fede del popolo di Gratteri. Molto eloquente e quanto mai significativa appare la locandina preparata dall’Amministrazione comunale di Gratteri in occasione di questa Festa. Essa ripropone questo appuntamento di Chiesa come la Festa della Madonna. Gibilmanna nell’universo simbolico del nostro popolo religioso richiama solo la Madonna. Andiamo a Madonna, dicono i devoti della Madonna di Gibilmanna quando intendono portarsi al suo Santuario.

Per questo molti non si confessano altrove che a Gibilmanna. Narrandoci la Festa della Madonna, testimonia Angelina Lanza nella sua La casa sulla montagna (1941): È il tempo che piace, ai montanari, di andare in giro per pellegrinaggi e sagre. Ma quassù la sagra per eccellenza è quella di Maria di Gibilmanna: l’ottavo settembre. Qui la chiamano semplicemente la «Festa». Le domeniche e le altre ricorrenze liturgiche dell’anno, si chiamano con un altro nome: festulità. Ma il nome unico è per la solennità unica: «Festa» [...]. È semplice e tradizionale [...]. Qui a Gibilmanna, città e campagna [paesani e cittadini] s’incontrano come sopra un terreno comune, dove ognuna va a cercare ciò che l’altra poco capisce. Estetismo e ozio, da una parte; fede e tradizione dall’altra; ma è certo che tutti ci vengono, ci ritornano ogni anno, con una fedeltà tenace. È un miscuglio assurdo di gente, che mangia e non si ubriaca, grida e non rissa, si lascia vuotar le tasche, spesso e volentieri, e se ne ritorna via, con la faccia stordita e contenta di chi ha perduto, per il suo proprio piacere, una o due notti di sonno [...]. Sono venuti per portarsi a casa una gioia buona, il ricordo vero, intimo, di quella Taumaturga, così cara, perché fu venerata dai padri e dagli avi, e pare che serbi ancora in sé qualche cosa di quegli occhi, di quei cuori, di quelle preghiere! La Gran Signura incarna l’anima delle nostre comunità locali; è immagine dell’ideale del cittadino delle Madonie; estasiando uomini e donne con le nobili emozioni dell’amore, della compassione e del timore, è la corifea della identità collettiva delle nostre popolazioni, la cui festa è collettiva, "diocesana". Maria è la sintesi dei nostri valori; tocca i diversi aspetti della vita umana: l’attività, il mondo, la socialità, l’economia, la fede e la politica. Maria si pone come affermazione della vita umana vissuta come missione. La pietà popolare mariana ha collaborato, se non determinato, alla formazione del "carattere etnico" della nostra diocesi, più specificamente ad una coscienza unitaria, civile e religiosa.

In Maria di Gibilmanna e nella collettività madonita sono evidenti comuni caratteri etnici. In un mondo vortiginoso quale quello in cui viviamo, la figura di Maria è un elemento di stabilità, di identità sociale e storica. La società cambia, mentre Maria rimane qui come testimone della storia, come segno di consolazione e di sicura speranza. Maria è per l’uomo e per la comunità una grande fonte d’ispirazione per la vita di fede, per la cultura cristiana, e per lo stesso amore verso la nostra terra e i suoi abitanti. L’olio che la Madre di Dio, la Gran Signura, aspetta da tutti noi è la preziosa carità e il profumo di amore a Cristo, e nello stesso tempo un sincero amore verso tutti gli uomini. Alla scuola di Maria a Cana di Galilea, la donna del Magnificat, non possiamo sentirci tranquilli finché vi è un uomo che soffre, che è trattato ingiustamente, che non ha il necessario per vivere.L’amore di Dio e dell’uomo ci spinge ad essere solidali e a dare il meglio di noi stessi per risolvere la situazione di coloro ai quali non è giunto il pane della cultura o l’opportunità di un lavoro onorato e giustamente remunerato.

Questa festa, così distinta, ci motiva a dare alla nostra vita cristiana un marcato senso sociale. Colui che ha molto sia cosciente del suo obbligo di servire e di contribuire con generosità per il bene di tutti! Colui che ha poco o non ha niente, mediante l’aiuto di una società giusta si sforzi a superarsi e ad elevare sé stesso e a cooperare per il progresso di coloro che soffrono una situazione uguale alla sua!

Sentiamo tutti il dovere di unirci fraternamente per aiutare a costruire questo mondo nuovo verso cui l’umanità anela. Questo è l’olio che oggi ci chiede la Vergine di Gibilmanna. 

Una volta la Festa della Madonna veniva celebrata l’Otto settembre. Il giorno precedente, il sette, ricorre la festa di san Nicola di Bari, patrono della vicina Isnello, mentre il nove è la festa di san Giacomo, patrono di Gratteri. Angelina Lanza ancora ci testimonia: Chi partecipa alla festosissima processione di san Giacomo, vede il popolo di Gratteri ardente e raccolto che va per le sue stradette ordinatissimo, col cuore di onorare veramente il Santo che lo protegge [...].

È il tempo del meritato riposo per tutti. Dopo tanti mesi di lavoro opprimente, dopo tante privazioni e fatiche, la popolazione di Gratteri ha destinato il suo giorno di festa di séguito a quello del Santuario, perché le riuscisse meglio, perché la Gran Signura le mandasse la fiera, la musica, la folla, e la voglia di godere. Di vero cuore preghiamo la Gran Signura perché, come a Cana di Galilea che ha provveduto per i giovani sposi, possa provvedere anche a favore di Gratteri e di tutte le nostre città delle Madonie e del nostro territorio isolano, procurando il ben essere esistenziale, il pane quotidiano e un lavoro dignitoso, la gioia di vivere e un futuro di vita, di speranza e di amore.

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