Omelia del Vescovo di Cefalù
S.E.R. Mons. Giuseppe Marciante
IV Domenica di Pasqua
Chiesa di San Sebastiano - Collegio di Maria
Cefalù, 03 maggio 2020
Oggi si celebra in tutto il mondo la 57ma giornata mondiale di preghiera per le vocazioni.
La liturgia ci presenta ogni anno in questa IV domenica di Pasqua il cap. 10 del Vangelo di Giovanni, chiamato il "Vangelo del Buon Pastore", distribuito in quattro parti.
Nell’anno A vengono proclamati i versetti 1-10, dove l’immagine dominante è quella della porta: «Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore» e «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore».
Cristo è la porta attraverso cui deve passare il cammino del discepolo: si tratta di un cammino spirituale di ascolto, sequela e conoscenza del Signore (vv. 3-4).
La porta è immagine di chiusura e di apertura, di intimità e di relazione, di protezione e di esposizione. Il simbolo della porta viene applicato dal quarto evangelista a Cristo stesso. Infatti, attraverso la porta che è Cristo stesso, si entra e si esce (v. 9). L’ entrare e l’uscire indica una totalità, tutta la vita umana riassunta nei due atti fondamentali di entrare e uscire: dalla nascita, l’uscita dal seno materno, all’uscire ed entrare in casa e negli spazi della vita, fino all’uscita definitiva con la morte.
Cristo è il Pastore venuto a portare la vita: «“Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza”, solo se si ascolta la sua voce e si esce con Lui si può avere vita in abbondanza:
Il Signore è il mio pastore non manco di nulla,
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l'anima mia,
mi guida per il giusto cammino
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza (Sal 22).
Il pastore entra per la porta ma: “Chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante”; chi entra, o forse meglio, penetra, all’interno per altre vie, è un malfattore che viene non per pascere, ma per rubare e sbranare, per portare morte e non vita.
Colgo questa occasione per rispondere ad alcune domande che i giovani mi hanno rivolto dal 19 aprile fino ad oggi.
Rispondo alla prima: - Come si fa a capire la vocazione a cui si è chiamati?
Dico innanzitutto che il Signore chiama, e come dice il Vangelo odierno: «“Le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori"» (Gv 10,3).
La prima cosa se vuoi capire la vocazione a cui sei chiamato o chiamata è lo stare in ascolto per sentirne la voce. Se non c’è ascolto non c’è chiamata. Ecco il motivo perché è necessaria la lettura costante della Parola di Dio, per ascoltare la voce e riconoscerla occorre conoscere il linguaggio di Dio attraverso una frequentazione assidua e attenta della sua Parola. Mi piace sempre il Vangelo dell’incontro del Risorto con Maria Maddalena, questa lo riconosce solo quando il Maestro pronuncia il suo nome, Maria. Io riconoscerei subito la voce di mia madre e di mio padre, a distanza di anni perché sono ritornati tra le braccia di Dio, dal modo come pronuncerebbero il mio nome, perché ormai il timbro della loro voce si è impresso nella mente e nel cuore. Li riconoscerei tra mille e mille.
Il Signore chiama per nome, significa che la sua voce scende in quel segreto profondo della nostra anima che solo noi conosciamo. Natanaele si è sentito chiamare per nome e quindi conosciuto quando Gesù gli rivela un tratto specifico del suo carattere e quando gli rivela un particolare che solo l’Apostolo poteva conoscere: «"Prima che Filippo ti chiamasse, ti ho visto quando eri sotto il fico» (Gv 1, 47-48). L’espressione a noi non dice nulla, ma Natanaele sapeva bene a cosa si riferisse, tanto è vero che subito dopo diventa discepolo professando la fede nel Figlio di Dio, e Messia.
La voce di Dio, dunque, bisogna saperla riconoscere. Si riconosce solo ciò che già si conosce.
Gesù lo si conosce frequentandolo, seguendolo, stando con Lui.
Ad un certo punto, quando il Signore ti chiama a seguirlo più da vicino, ti mette dentro un senso di incompiutezza e l’attrazione a stare con Lui e vivere una intimità più forte. Comincia a contaminare i tuoi pensieri, i tuoi sentimenti, i tuoi gusti. Il Signore ti rende felice, riempie la tua vita. In una seconda fase ti chiede di dilatare il tuo cuore.
E qui rispondo alla seconda domanda: - Come si fa a capire che ciò che mi rende felice lo potrei mettere a disposizione degli altri?
Dio non lo si può trattenere solo per sé. Lo dice Gesù alla Maddalena che vorrebbe trattenerlo: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli».
Non si può trattenere a lungo la scoperta di un tesoro prezioso, si sente subito il bisogno di rendere altri partecipi della gioia che ti abita dentro. Da contagiati si diventa contagiosi della gioia.
Dice Sant’Agostino: «Il Signore con le cose chiare ci nutre, con le oscure ci stimola» [1].
Come con le parabole. Man mano che la chiamata di Dio alla vita consacrata si fa più chiara aumenta l’inquietudine interiore perché vorresti subito dare la risposta, oppure ti assalgono paure, perplessità, domande. Senti il bisogno di confrontarti con qualcuno.
Rispondo ora alla quinta domanda: - Come si capisce qual è la nostra vocazione? Chi ci può aiutare in questo?
Non si può rispondere alla chiamata di Dio da soli, anche se la risposta rimane strettamente libera e personale. Ma è necessario fare discernimento, ossia iniziare un percorso per capire da dove viene quella voce interiore che da tempo ti interroga, ti inquieta e ti affascina. Il discernimento è opera dello Spirito Santo. Viene il momento in cui ci si deve consegnare con la libertà interiore espressa nel desiderio unico di voler fare ciò che piace a Dio. Per il discernimento è necessaria la guida di un padre o di una madre spirituale, l’ascolto della Parola, la vita sacramentale e la preghiera, e una forte esperienza di Chiesa insieme a un vero servizio verso i poveri.
La terza e la quarta domanda possono camminare insieme: - Come ha compreso la chiamata di Dio? Le si è rivelato chiaramente? C’è stato un episodio che ha influito sulla sua scelta? Scoprire la propria vocazione può significare anche avere coraggio nel fare la scelta giusta per la scuola superiore, in modo da avere un futuro migliore che sogno per la mia vita?
Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi, ci ha detto Gesù. La chiamata di Dio è un vero mistero. Sono certo che il Signore mi ha chiamato a seguirlo perché mi ha voluto bene e perché ha voluto regalarmi una vita piena. La prima volta che ho avvertito che Dio era interessato alla mia vita, è stato all’età di sei anni. Andavo a Messa portato dalla nonna paterna. Come tutti i bambini ero vivace e in chiesa ero distratto, e chiacchieravo con mio cugino, tanto da guadagnarmi ogni volta uno scappellotto sulla nuca da parte della nonna. Ma al momento dell’elevazione del pane e del vino consacrato ero come rapito e affascinato dal gesto solenne del celebrante, tanto da portarmi ad imitarlo, una volta rientrato a casa. La seconda volta che ho avvertito lo sguardo di Dio su di me è stato all’età di 16 anni. Frequentavo i frati francescani, ad un certo punto ho avvertito un senso di incompiutezza insieme a un certo fascino per le cose che riguardavano la fede. Come rispondere a quel desiderio interiore che mi ardeva nell’anima?
Cominciò per me una ricerca tormentata. Feci alcune esperienze vocazionali, ma alla fine decisi di completare gli studi e poi prendere una decisione. Nel frattempo frequentai alcune belle esperienze di Chiesa che mi misero a contatto con la parola di vita, mi insegnarono a pregare, a studiare i testi conciliari e a servire gli ammalti. All’età di 23 anni iniziai il percorso per la vita sacerdotale.
È importante nella vita fare scelte giuste, perché una scelta sbagliata potrebbe rovinarci la vita. Ecco perché è importante capire la volontà di Dio, perché Dio ci conosce fino in fondo ed è interessato a darci tutto il bene possibile per avere una vita piena. Dio è un alleato della nostra libertà e quindi della nostra felicità.
Carissimi giovani, chiediamo a Dio di darci il coraggio di seguirlo fino in fondo, perché sicuri che Lui cammina avanti e conosce la strada.
Affidiamoci a Maria Santissima in questo mese di maggio: Maria ci prende per mano e ci accompagna fino al giorno di Pentecoste, il prossimo 31 maggio. Ella è la guida sicura per saper rispondere alla chiamata di Dio perchè lei è risposta fatta carne a Dio. Amen.
[1] Agostino, Commento al Vangelo di Giovanni, Omelia 45.